Umberto Peschi: 1946-1951 - Associazione Peschi

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Umberto Peschi: 1946-1951

Umberto Peschi


IL PRIMO DOPOGUERRA; SI RICOMINCIA

Nel 1945 Peschi rinnova la sua tessera di “Socio fondatore” dell’Associazione maceratese “Brigata Amici dell’Arte” con l’intento di partecipare attivamente all’attività che questa si appresta a svolgere. Già nel dicembre di quell’anno egli riceve una cartolina postale da Enrico Prampolini che gli propone una collaborazione: preparare insieme alcuni bassorilievi per una mostra. È l’inizio di una ripresa di entusiasmi e di fervore operativo.
Con la caduta del Fascismo e la fine della guerra ha anche termine per la cultura italiana quel periodo di autarchia nella quale era stata costretta durante il ventennio. Si apre nuovamente il dibattito con la cultura europea e americana. Gli artisti italiani che fino a quel momento erano stati costretti ad operare nell’ombra, sono animati dal desiderio di partecipare a un rinnovamento della ricerca. Se ne ha dimostrazione già  alla “V Quadriennale d'Arte di Roma” del 1947, ricca di fermenti e di proposte anche sotto un profilo tematico: la ricostruzione del paese, il dibattito politico dopo la caduta delle sinistre e il riaffermarsi del partito conservatore democratico, la partecipazione alle nuove problematiche culturali internazionali: questi i temi del momento. Dall' America giunge un allarme per una società troppo finalizzata a un ideale tecnologico. L’arte vi si oppone proponendo l’espressione della pura azione, del gesto personale come atto liberatorio, di volontà e di “storia” individuale.
In Europa la crisi, non nasce, come in America, dalla contestazione di un attivismo economico che tende a soffocare esigenze di vivibilità più umane e spirituali, ma dalla sfiducia verso una cultura costruita su principi teorici risultati inaffidabili. Gli orrori del conflitto appena concluso ne hanno dimostrato la precarietà delle fedi e dei valori. Gli artisti, nel loro operare, reagiscono contro ogni finalità filosofica e politica, per immergersi nel pelago delle proprie angosce. Le teorie esistenzialiste di Brecht e Sartre, indugiano sul vuoto esistenziale dell'uomo, originato dall'estraneità e assurdità della realtà che lo circonda, dalla mancanza di un rapporto di necessità con le cose. A queste linee di tendenza se ne aggiungono altre che coinvolgono precipuamente l’arte, come il realismo socialista, con Guttuso, e il formalismo, con il Gruppo “Forma Uno” composto da Dorazio, Perilli e Consagra, che operano con finalità politiche ed estetiche totalmente diverse. Tutti comunque hanno come obiettivo d’indagine la condizione dell'uomo e dell’arte in rapporto alla società.
In questo clima vivace ma anche contraddittorio Umberto Peschi si orienta in base a una scala di valor semplici ma fondamentali, riaffermando il desiderio di vivere con positiva autenticità. Alla amarezza e alla delusione provocata da ciò che G.C. Argan definisce «caduta della finalità», egli contrappone il diritto a una vita fondata sui valori della quotidianità, sul sentimento e sull’umanità. Mantiene il contatto con la capitale attraverso una fitta corrispondenza con Prampolini, anch’egli disorientato dagli avvenimenti, tanto che in una lettera a Peschi scrive: «…ed ora che facciamo?». E Peschi risponde: «... dipingi, tu sei nato per dipingere, continua e non ti preoccupare». Così fa anche lui, riprendendo con ostinazione l’attività nel suo studio maceratese. È l’inizio di un periodo di ridefinizione delle proprie tematiche, di preparazione a quello che sarà il suo momento espressivo più alto e maturo. La sua scultura si richiama a forme simboliche, in grado di accordare la materia e il mestiere per il perseguimento di finalità psicologiche interiori. La figura umana, sia pure per un breve periodo, torna a rappresentare un ideale espressivo perseguito con soluzioni plastiche volte a un classicismo ritrovato quale misura ideale. Nel 1946 realizza una serie di piccole sculture in legno di pioppo, come: Pastorella, una Figura maschile, a tutto tondo, una bellissima Testa di bambina, in acacia. Sembrano evidenziarsi riferimenti martiniani con sottolineature poetiche di serena e rara delicatezza (Rif. Op. S7, S 213; S 214; S 215; S 220; S 221; S 222)). Nascono l'Atleta seduto, in legno di pioppo, Figura femminile, dalle forme misurate ed essenziali, Le bagnanti (Rif. Op. S 216) , un bassorilievo in legno di ciliegio. Nel marzo viene  pubblicata l’illustrazione di  Pastore (Rif. Op. S 218), un legno permeato di arcaica raffinatezza. Non mancano riferimenti culturali europei ed americani, in grado di superare ideologie e compiacenti formali.
Alla “Mostra Nazionale d'Arte Contemporanea”, organizzata dal Circolo d'Arte e Cultura “Rinascita” a Macerata, nel marzo 1947, Peschi presenta sette lavori (Contadina, Pescatore (Rif. Op. S 371), La padrona di casa, La Maternità (Rif. Op. S 5), Vecchia e Dolore), che rispecchiano nel loro complesso il desiderio di contrapporre alla vacuità un po’ inflazionata dei clichés esistenzialisti, una gerarchia di valori elementari e positivi, in contrasto con il senso della morte e della distruzione.  Accennando anche a qualche ripensamento: nell'aprile dello stesso anno, nell'atrio del Teatro comunale “Lauro Rossi”, di Macerata, in occasione di una “Mostra del Libro, di Pittura, di Scultura e di Bianco e nero”, espone due Figure (Rif. Op. S 7; S 69) e Pagliaccio (Rif. Op. S 6) che costituiscono un imprevedibile ritorno in direzione deperiana. E l'attività espositiva si intensifica ulteriormente. Nell'agosto Luigi Dania organizza a Porto San Giorgio, per la locale Azienda autonoma di soggiorno, una mostra tendente ad avvicinare «il pubblico ad artisti sinceri, che con sofferenza e umiltà combattono una battaglia d'intelligenza e di cultura». Domenico Cantatore, riprendendo una frase di Picasso,  auspica in quel contesto ”un'arte più disciplinata, una libertà meno sfrenata” per la salvaguardia stessa della cultura e dell’arte. Lo scultore maceratese vi presenta due Ritratti,  pienamente rispondenti a tali principi. Prende parte poco dopo a un'altra collettiva, la “I Mostra Provinciale d'Arte”, nella quale presenta ai settempedani una piccola Testa e due bassorilievi (Rif. Op. S 71). Nel frattempo gli perviene l'invito di partecipazione alla V Quadriennale, la prima del dopoguerra: invia due altorilievi molto lavorati. Luigi Dania, attento commentatore della rassegna, nota come la deformazione «non illusiva» sia ancora legata alla tradizione martiniana e come le due sculture siano “notabili per la desolata e corrucciante umanità introspettiva”. Una delle due opere, La donna della conchiglia, viene premiata.
Alla “Mostra Regionale d'Arte” di Macerata ripropone Paglíaccio (Rif. Op. S 6) e una nuova Figura distesa. Nel frattempo si dedica a nuove ricerche i cui risultati non vengono subito proposti. Alla II edizione della “Mostra Regionale d'Arte” di San Severino Marche, come indicato in catalogo, invia Cantante, Ebreo e Satiro; così in quella successiva, organizzata a Roma da una Associazione Artistica Internazionale appositamente per gli artisti marchigiani.
In Ascoli Piceno, nel Palazzo degli Uffici, nell'aprile 1950, espone in una collettiva dodici opere, per lo più già presentate in altre mostre, ma rivelatrici di ben chiari orientamenti.  Dalla Maschera (Rif. Op. S 70), intesa come ritratto d’una inquietante situazione umana, alla Suora (Rif. Op. S 8),  a Signora (Rif. Op. S 73; S 342), figura risolta in un gioco ordinato architettonicamente. Il percorso dello scultore sembra seguire una linea variegata e tuttavia coerente. La materia, sebbene dura e resistente, ne esce levigata, polita al tatto e allo sguardo. Alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, nel maggio successivo, presenta dieci delle dodici opere esposte ad Ascoli Piceno (Rif. Op. S 10), in una collettiva che riscuote vivo successo. Mentre in giugno invia due opere, alla Rocca Paolina di Perugia, per l'annuale  Mostra Sindacale degli artisti Umbri. L'ignoto cronista de «La nazione italiana», in riferimento ad esse accenna a «sintesi nuove», care a Henry Moore. Infine, nell'agosto propone ai visitatori della Buca del Cavallino di Porto Potenza Picena tre nuove sculture. L'intensa attività espositiva di Peschi dimostra il convincimento dell’utilità d’un giudizio critico più ampio sui propri lavori al fine d’essere guidato e confortato sugli indirizzi da seguire. La ricerca di soluzione di un problema spaziale sembra investire al momento la sua indagine che si indirizza verso creazioni pluriarticolate anziché verso la costruzione di un blocco chiuso. Alla “VI edizione della Quadriennale Nazionale d'Arte di Roma” espone, tra le altre opere, il Suonatore di fisarmonica (Rif. Op. S 9), che viene riprodotto in catalogo a tutta pagina. La scultura si pone come momento di transizione tra l’antefatto futurista e i nuovi modi plastici intrapresi. Nel richiamare, sia pur vagamente, Il Saltarello, un analogo soggetto a pastello del 1941 di Bruno Tano, conservato nella Civica Pinacoteca di Macerata, il lavoro appare come frutto di indagini specifiche sulla funzione del modellato nello spazio, indagini che meglio si preciseranno, quando, abbandonata ogni istanza figurativa, Peschi inizierà la sua ricerca nell'ambito dell'astrattismo.
Sul finire del 1951, Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Gino Severini, Giovanni Korompay, Angelo Caviglioni, Giovanni Acquaviva, insieme ad altri futuristi, organizzano a Bologna la “Mostra Nazionale della Pittura e della Scultura Futuriste”, allestita nel Palazzo del Podestà. Naturalmente non possono essere assenti gli aeropittori e aeroscultori del Gruppo «Boccioni»; così vi risultano esposte opere di Bruno Tano, prestate dalla famiglia, di Wladimiro Tulli e dello stesso Umberto Peschi che,  oltre a lavori di stretta ispirazione futurista, presenta legni recenti, quali il Suonatore di fisarmonica (Rif. Op. S 9), Protezione (Rif. Op. S 229), Trílogia e Vittoria (Rif. Op. S 79). Nel complesso, la piccola antologica di ben 15 lavori, allestita in seno alla Mostra, coprendo un arco di tempo tra il 1936 e il 1951, porta la critica a concordare su un’idea di scultura «libera, equilibrata, elegante».

continua

Lucio Del Gobbo

 
    Associazione culturale "Alberto e Umberto Peschi" per le Arti Visive  - 62100 Macerata, via G.Verdi 10A;  email:  associazionepeschi@virgilio.it
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