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ANNI SETTANTA, ANTOLOGICA A MACERATA
Nel corso degli anni settanta si accentua nell’espressione di Peschi la tendenza verso forme chiare ed essenziali. E ciò risulta anche da una sua dichiarazione: «Sono per la scultura chiara, compattamente rifinita sulla quale si possa equivocare il meno possibile». In conseguenza di tale scelta la sua produzione subisce un ulteriore rallentamento a beneficio di una sperimentazione che si realizza attraverso numerosi bozzetti e disegni.
Va considerato che durante tale decennio morirà la gallerista Fiamma Vigo, e dopo poco anche il pittore Antonio Calderara, molto vicino a Peschi per passione e assiduità di militanza. La schiera degli amici si assottiglia ulteriormente con la partenza di Kengiro Azuma per l’America. Viene così disperdendosi quel gruppo di artisti con cui Peschi aveva condiviso le esperienze degli ultimi dieci anni. Incrinature, frantumazioni che pur scoraggiando la partecipazione alle mostre ma non impediscono la sperimentazione né la continuità di lavoro. Le opere di questo periodo, che possiamo definire di piena maturità, sono costruite con un equilibrio e un ritmo difficilmente superabili (Rif. Op. S 49; S 50; S 51). Il discorso che Peschi sviluppa è ancora quello del Tarlo, come metodo di ricerca che lo porta ad esplorare all'interno della materia per scoprirne, non senza emozione e con strordinaria tenacia, nuove possibilità dialettiche ed espressive. Un'indagine di ricerca .e di scavo che arriva sempre più in profondità con risultati interessanti anche per originalità. Le sculture di questo decennio non sono ottenute da un unico blocco, ma da un assemblaggio di listelli in cui il Tarlo, sembra aver già operato. Nascono forme che alludono ai pericoli incombenti sulla società inurbata e metropolitana: si distinguno grattacieli, magnifici per compattezza e ardimento, ma che potrebbero aprirsi e cadere rovinosamente. La storia, dopo qualche decennio, dimostrerà quanta profezia contenessero quegli originali simulacri lignei di Peschi!
Nel 1970 muore la madre Pasqualina Micozzi. Forse anche a causa di ciò scarsa è la sua attività espositiva. Tra le poche mostre che vedono presenti le sue opere diverse sono collettive: una a Roma, alla Galleria Numero; la china Corrosioni, alla “IV Mostra Nazionale della Grafica”, allestita nel Palazzo Pretorio di Arezzo; una scultura a una collettiva organizzata a Venezia presso la Galleria Numero. Per quel che riguarda la bibliografia, a parte le consuete recensioni di mostre, l'artista risulta citato in brevi biografie con qualche cenno storico e la riproduzione di alcuni lavori (Rif. Op. S 81; S 280; S 391; S 395).
Analoga situazione nel 1971, quando presenta proprie opere soltanto in occasione di quattro collettive: a fine marzo a “Convergenze e divergenze di Numero”, alla Galleria Poliantea di Terni; in giugno, alla Fiera Internazionale di Genova e alla lnternational Kunstmesse di Basilea, sempre con il “Set di Numero”; infine, in settembre, al “Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica” a Milano (Rif. Op. S 36; S 37; 184).
Si arriva, così, al 1972, anno in cui Franco Passoni lo invita a spedire alla “Galleria Civica” di Legnano alcune sue aerosculture in occasione di una interessante rassegna dedicata alle esperienze futuriste degli anni trenta. Successivamente partecipa ancora alla “International Kunstmesse” di Basilea e all’”lnternational Markt fúr Aktualle Kunst” di Dússeldorf. Conclude l'attività di quell'anno con la partecipazione a una collettiva allestita ancora da Fiamma Vigo presso la Galleria Numero di Venezia (Rif. Op. S 38; S 281). Ma la sua presenza non è entusiastica e spontanea, ma da ricondursi soprattutto a un’etica di amicizia: solo grazie all’insistenza di amici si decide a inviare le proprie opere alle mostre, preferendo rimanere in silenzio nella sua città natale, assorto in problematiche insorgenti dalla nuova fisionomia della cultura internazionale.
Anche le esperienze espositive del 1973 confermano il suo atteggiamento di sfiducia verso le mostre d’arte e la sua reticenza a inviare il risultato della propria investigazione a manifestazioni italiane ed europee. Tuttavia, non può rifiutare la propria adesione alla “Mostra Nazionale d'Arte Contemporanea”, allestita a Palazzo Strozzi di Firenze; alla “International Kunstmesse” di Basilea e a una collettiva alla Galleria Plurima di Roma. Nella capitale Fiamma Vigo gli organizza anche una personale presso la propria Galleria, facendogli riscuotere un notevole successo di critica e di pubblico. Lo presenta Luigi Lambertini, il quale analizza il linguaggio del momento, evidenziandone prospettive e caratteristiche. Nel testo in catalogo il critico annota «il situarsi architettonico» delle masse, «intese nella loro totalità», il giostrare «con una dialettica di vuoti e di pieni complementari», «la serialità ritmica dei piani», capaci di determinare all'interno delle opere «variazioni e modulazioni tali da strutturare nuovi spazi»(Rif. Op. S 282; S 283; S 284; S 285; S 350; S 360; S 50; S 51; S 124; S 188).
A partire dall'anno successivo non si registra alcuna partecipazione a manifestazioni di carattere nazionale o internazionale, e sempre più rarefatta è anche la sua partecipazione a mostre collettive locali (Rif. Op. S 365; S 370; S 39; S 52; S 54; S 128). Nel luglio 1974 Peschi espone alcuni disegni presso la “Galleria d'arte 3 P” di Porto Potenza Picena insieme a Enrico Baj, Giorgio Bompadre, Massimo Campigli, Pietro Cascella, Pericle Fazzini, Virgilio Guidi, Edgardo Mannucci, Sante Monachesi, Emilio Scanavino, Valeriano Trubbiani ed altri. Nel 1975, in febbraio, alcune grafiche dello scultore (chine e pennarelli) vengono inviate alla Galleria Giorgi di Firenze per “Segno Marche '75”, operazione replicata diversi mesi più tardi a Porto Potenza Picena, alla Galleria “La Margherita”. La manifestazione intendeva presentare i migliori artisti marchigiani in una collettiva non di tendenza che assumeva più che altro un valore informativo del lavoro in corso nella regione (Rif. Op. S 40; S 54; S 122; S 128). Tra gli espositori figuravano Giorgio Bompadre, Arnoldo Ciarrocchi, Claudio D'Angelo, Franco Giuli, Edgardo Mannucci, Ivo Pannaggi, Walter Piacesi, Oscar Piattella, Arnaldo Pomodoro, Nino Ricci, Mario Tozzi, Walter Valentini, Wladimiro Tulli, Tullio Zicari ed altri. Nel maggio, è presente invece a Roma con il Set di Numero presso l'omonima Galleria. Vi sono esposte opere dal 1965 al 1975 di Peschi, Bassi, Bergamini, Campesan, Cioni, Niero, Gelli, Tolu e Zoren. Un ampio dibattito si sviluppa a latere della rassegna, dimostrando la validità di un'esperienza comune entro cui pittori e scultori si sono mossi in seno a “Numero”. Nel 1976 (anno scolastico ’75-‘76) lascia l’insegnamento per raggiunti limiti di età. In quell’anno l'artista non effettua mostre, né partecipa a collettive. Una veloce riapparizione nel 1977, in settembre, a Venezia alla collettiva “Questo sei tu”, organizzata per l’ultima volta da Fiamma Vigo nella sua Galleria. In tale circostanza, purtroppo, per vicende varie perde una serie di sculture molto interessanti sul tema della Progressione del tarlo (Rif. Op. S 41; S 43; S 54; S 55; S 56; S 137; S 143; S 168; S 169; S 170; S 171; S 172; S 174; S 177; S 178; S 179; S 180; S 298; S 354; S 355), tanto che, in dicembre, è costretto a presentare a Macerata, nella piccola “Galleria L'ambiente”, numerosi disegni e pochissime sculture. Un limitato numero di opere viene esposto anche a Civitanova Marche alla Galleria Annibal Caro in occasione della mostra “Avanguardia come dissenso”, allestita insieme a Wladimiro Tulli e a Magdalo Mussio. Nel 1978, partecipa a “L'Esprit de géométrie”, insieme a Zoren e a Paolo Gubinelli, rassegna organizzata presso la Galleria la Margherita di Porto Potenza Picena (Rif. Op. S 42; S 58; S 156; S 286; S 362; S 363; S 364; S 390). Carlo Melloni, nel presentarlo in catalogo, scrive che «le strutture plastiche di Peschi» sono «il risultato» di un «mirabile sincretismo, sempre sorretto da una lucidità razionalistica, tra progetto ed esecuzione», ed annota come «il tessuto modulare» sia «in funzione della sua progressione dinamica e della sua ubiquità spaziale e la iterazione del modulo (il lavoro del tarlo!) virtualizza una maglia ordita all'infinito per omologia».
Nonostante l'iniziale stasi del periodo, gli ultimi tre anni si dimostrano estremamente fecondi per le commissioni continue di enti pubblici e di privati, che accortisi della significatività delle opere di Peschi ambiscono ad acquisirne la proprietà. Lo studio laboratorio di Piazza Lauro Rossi conferma la sua condizione di officina creativa, nella quale l'artista realizza una serie di opere d'insolita efficacia, tali comunque da sottolineare la sua particolare ricchezza inventiva e di pensiero (Rif. Op. S 84; da S 144 a S 153; S 165; S 166; S 287; S 288; S 289; S 290; S 296).
La serialità modulare, intesa come «occupazione dello spazio metafisico della materia», è anche tentativo di precisare la intuizione della compenetrazione dell'universale e del particolare. Rivelatasi essenziale negli ultimi lavori diventa ancora più sostenuta nelle opere eseguite nel 1979. Tra le realizzazioni si distingue un legno di tiglio di grandi dimensioni (cm. 140x140), dal titolo Sul quadrato, che costituisce una summa di tutta la sua poetica (Rif. Op. S 137).
Si giunge così alla mostra antologica tanto attesa. Patrocinata dal Comune di Macerata, dalla Pinacoteca e dai Musei comunali, dalla Biblioteca comunale e dagli Amici dell’Arte essa si tiene nella Chiesa di San Paolo tra maggio e aprile del 1979. La cura il critico d’arte Elverio Maurizi che in catalogo traccia il primo e più completo profilo storico-critico dell’artista evidenziando la componente poetica della sua ricerca già nel titolo: “Umberto Peschi: scultura come poesia”.
Lucio Del Gobbo
5 - 1970-1979 |
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