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ESPERIENZE DI GRUPPO, ADESIONE AI GRUPPI PUNTO E NUMERO (1962-1966)
LA POETICA DEL TARLO, PRIMO PERIODO (1967-1969)
Sono anni di piena maturità artistica. Inizia anche la partecipazione di Peschi, ufficialmente a far data dal 1964, al Gruppo Punto, organizzato dalla gallerista Fiamma Vigo con mostre itineranti che, sino al '65, toccheranno le principali città italiane, quali: Milano, Firenze, Venezia, Bologna, Roma, Palermo, e straniere, come: Barcellona, Taipei e Zurigo. Il gruppo è formato da Kengiro Azuma, Antonio Calderara, Sergio Dangelo, Hsiao Chin, Li-Yuen-Chie, Umberto Peschi, Pia Pizzo e Zoren. Due sono gli elementi fondamentali che li accomunano: "una disciplina che non ha più nulla a che fare con la condizione del realismo e il programmatico rifiuto delle mode e delle problematiche estranee all’organizzazione specifica dell'opera". Nel titolo di alcune sculture di Peschi comincia ad apparire il Tarlo che di lì a poco costituirà il fulcro della sua ricerca investigativa e della sua poetica (Rif. Op. S 346; S 45; S 35).
Nel maggio del 1962 Peschi presenta alcune sculture a Bolzano, al Centro di Cultura «Alto Adige»; in giugno espone a Venezia, in una collettiva alla Galleria Numero, e, quindi, a dicembre a Milano. A Copenaghen, nel settembre, espone due sculture alla Moderne ltaliensk Maleri, presso la Kunstebiblioteket Nikolaj Kirke. L'episodio centrale della sua attività in quell’anno si verifica al Premio Marche, in Ancona, dove viene organizzata una sua personale di ventiquattro sculture e sette disegni. Luigi Dania, autore della testimonianza in catalogo, delinea in una rapida sequenza temporale il percorso artistico affrontato da Umberto Peschi dal 1939 al 1962 affermando come le investigazioni astratte fossero un'intima «esigenza di rigore», e, innanzi tutto, «la necessità di una ricerca più impegnata», elementi tali da portarlo «ad organizzare le sue forme in un ordine esatto e a giungere a un nuovo equilibrio costruttivo» (Rif. Op. S 22; S 23; S 189; S 231; S 232; S 348; D 203).
In quello stesso anno è chiamato ad insegnare Disegno professionale dei metalli, con direzione del laboratorio annesso, presso l’Istituto Statale d’Arte “G. Cantalamessa” di Macerata, da Zoren (Renzo Ghiozzi) che ne è Direttore; cattedra che manterrà sino alla data di collocamento a riposo nel 1973.
Il 1963 vede la partecipazione dell'artista, in maggio, alla “Mostra Internazionale d'arte d'avanguardia”, allestita nella Galleria Modigliani di Livorno, mentre nel luglio a un'analoga esposizione al “Centro Artistico del Cinquale” a Ronchi di Massa. In giugno Peschi aveva esposto sculture degli anni trenta alla mostra “Appunti sul movimento futurista” a Macerata, una manifestazione che aveva riscosso un grande successo critico e di pubblico. Una personale, tenuta a Vienna in ottobre, alla “Galerie in Griechenbeisl”, conclude l'attività espositiva dell’anno. Lo scultore vi partecipa con una serie di nuovi lavori: i Moduli, i Divisibili con piani obliqui, i Divisibili con piani inclinati, per lo più in legno di acacia, di ancetà o di tiglio (Rif. Op. S 25; S 26).
Nel marzo 1964 Peschi partecipa alla “Mostra mercato nazionale d'arte contemporanea”, al Palazzo Strozzi di Firenze, nella prima decade di maggio all'”Antologia di Punto”, allestita presso la Brigata Amici dell'Arte di Macerata, e all'analoga manifestazione organizzata presso la Galleria Gritti di Venezia. Dal luglio al settembre presenta proprie opere nuovamente a Firenze, alla “Mostra Internazionale d'Arte d'avanguardia”, curata dalla Galleria Numero, e, contemporaneamente, espone al Premio Marche, in Ancona, dove un suo Modulo orizzontale n. 14, risulta tra le migliori sculture presenti (Rif. Op. S 29). In dicembre, con il Gruppo Punto, presenta proprie opere alla “Galleria 2000” di Bologna e, infine, a cavallo tra il 1964 e il 1965, allestisce una personale a Macerata, dove i Moduli sembrano caratterizzarsi per una loro specifica monumentalità che induce Toni Toniato a parlare di «sequenze formali», di «piani costruttivi», di «vaste fenditure» che, nelle «colonne ideali», anziché «ricercare un certo sviluppo combinatorio», tendono a «periodizzare quel tessuto plastico continuo nella diversa tensione o grandezza di quei termini strutturali».
Anche il 1965 è un anno di frenetica attività. In aprile Peschi invia a Weiden, in Germania, sculture da esporre in una collettiva alla Josefhauses; in maggio, altre opere, come il legno Modulo con piani inclinati (Rif. Op. S 126; S 28) ed il bronzo Sensibile a croce (Rif. Op. S 46), sono alla “Mostra di Punto” alla Galerie Suzanne Bollag di Zurigo; a giugno, a Milano, partecipa all'”Antologia di Punto”, un’esposizione di grafica allestita dall'Arte-Centro in occasione della presentazione di otto volumetti editi da Vanni Scheiwiller, dedicati ad altrettanti esponenti del Movimento (Rif. Op. D 15; D16; D 17; D 22); sempre in giugno invia proprie opere ad altre due Collettive di Punto, rispettivamente alla Galleria Numero di Roma (Sensibíle orizzontale) e alla Galleria “L'Elefante” di Mestre. A fine luglio, alla Villa Rivafiorita di Porto San Giorgio partecipa alla rassegna “Artisti contemporanei” con il disegno Composizione, mentre in agosto prende parte a Firenze a una “Manifestazione artistica internazionale”, organizzata dalla Galleria Numero, e, contemporaneamente, a Civitanova Marche, alla “Triennale dell'Adriatico”, con una personale. In dicembre, la scultura Plastica n. 5 risulta esposta a Taipei, alla National Taiwan Art's Hall per la “Chinese and italian modem paínter's exibition” e altre quattro vengono presentate alla “Mostra di Natale” dagli Amici dell'Arte di Macerata (Rif. Op. S 21; S 27; S 29; S 46; S 173).
Nella seconda metà degli anni sessanta, anni di intensa attvità, Peschi partecipa ad un altro gruppo sempre diretto da Fiamma Vigo: il “'Set di numero", che vede l’adesione di Bassi, Bergamini, Camesi, Campesan, Cioni, Gelli, Niero, Peschi, Tolu e Zoren. Li unisce «la fiducia in una rappresentazione del mondo fondata sulla forza della fantasia e della ragione».
Nel 1966, dopo la partecipazione in gennaio alla “Collettiva del Piccolo Formato”, allestita a Firenze dalla Galleria Numero, insieme a il “Set di Numero” espone nelle gallerie del Gruppo a Venezia e a Milano; nell'occasione Lara Vinca Masini guarda con interesse alle sue «ritmate composizioni plastiche». Quindi l'artista è presente a Sampierdarena, alla Galleria “La Carabaca”. Le sue opere risentono ancora degli studi dell'anno precedente e continuano nelle proposizioni sintattiche già enunciate. Né muta il discorso nella scultura inviata insieme ai lavori di altri artisti all'Asta in favore degli «Amici Indiani», asta battuta in febbraio alla Galleria Levi di Milano. Anche quando, insieme a Zoren, organizza una propria personale a Modena, all'”Università del Tempo Libero”, la situazione investigativa resta immutata, tanto che Lara Vinca Masini scrive come la sua ricerca «da organizzazione linguistica» si fosse fatta «linguaggio, composizione organica», e come si allargasse «a moduli di assunzione internazionale» e scoprisse «valenze continue e universali», mentre alla «rigorosa geometria» si sostituiva «una modulazione variata» e «l'intervento sulla materia che prima era di superficie», si faceva «nella compagine stessa del legno: fughe di fori, tagli», capaci di muovere «l'ordine originale, pur senza snaturare l'ispirazione ideale». Al “Premio Raffaello e Ferdinando Giolli”, allestito, sempre in marzo, nel “Salone del Broletto”, a Novara, Peschi invia un Modulo con piani inclinati e in aprile a Dússeldorf presenta, alla “Mostra d'Arte Contemporanea delle Province di Ancona e Macerata”, quattro sculture: Modulo verticale (Rif. Op. S 66), Modulo sensibile ascensionale (Rif. Op. S 30) in legno, Sensibile a croce (Rif. Op. S 46) in bronzo e Sensibile in alluminio (Rif. Op. S 72). Goffredo Binni in catalogo precisa come l'artista operi e costruisca nello spazio, usando prevalentemente il legno e sfruttandone «la nobiltà» di materiale che non consente «ripensamenti, ma solo rigorosa precisione di taglio e di misura». Lo spazio, inoltre, secondo il critico, penetra nelle sculture che si librano nell'atmosfera con «carattere di monumentalità», anche quando risultano realizzate in dimensioni ridotte.
In luglio Peschi è nella giuria del Premio Marche in Ancona e, subito dopo, espone il legno Composizione alla “Mostra di Artisti Contemporanei” a Villa Rivafiorita di Porto San Giorgio, nel cui catalogo Luigi Dania parla dei suoi «ritmi bilicati», riguardati come esempio palese di equilibrio plastico.
Come dichiarato da Peschi stesso, durante la guerra in Etiopia, egli era rimasto impressionato dagli enormi termitai disseminati ovunque, alcuni alti addirittura sei, sette metri, e vi erano delle zone in cui ce ne erano talmente tanti che sembravano veri villaggi. Straordinario era osservare come all'interno, le termiti lavorassero freneticamente per costruire percorsi e passaggi. Tale ricordo riemergerà continuamente in lui suggerendogli l’immagine di un insetto roditore, il tarlo, e con essa un’ipotesi poetica molto particolare: costruire è migliore che distruggere, ma distruggere può significare anche costruire. È infatti nel costruire attraverso la distruzione della materia che si esplicherà da lì in poi la ricerca di Peschi, poiché il Tarlo non è il foro, il vuoto della materia, bensì la mano dello scultore, la sgorbia che scava nella materia, non per distruggerla, ma per esaltarla, sensibilizzarla, renderla viva. Il Tarlo, dunque, metaforicamente è l’uomo il cui operato può e deve essere edificante. Il discorso poetico di Peschi, “costruttivo” sia nel senso che nella forma, viene via via precisandosi nelle strutture verticali e orizzontali, negli spazi scanditi rigorosamente che sviluppano un intimo teorema logico attraverso sequenze di piani, di buchi, di colonne, scanditi severamente nella loro armoniosa ed equilibrata geometria.
Nel 2gennaio 1967, l'artista presenta una propria scultura alla “Mostra del Piccolo Formato”, allestita a Firenze dalla Galleria Numero e in marzo, con il “Set” alla “Modern Art Agency” di Napoli (Rif. Op. S 142; S 48). Alla “2Rassegna di Arti Visive - Premio Arte Oggi”, nell'aprile successivo, presenta lavori estremamente significativi, come Modulo verticale corroso al centro (Rif. Op. S 31) in legno giallo, che sviluppa la duplice logica della modulazione verticale e della penetrazione all'interno della materia attraverso fori e tagli. L’azione corrosiva produce una rinnovata opportunità dialettica, riferendosi implicitamente a una dimensione temporale. La consunzione allude anche alla consumabilità delle idee e dei simboli.ed è usata come veicolo di espressivo (Rif. Op. S 32).
Il 2discorso dell'artista si precisa ancor più nel maggio, a Macerata, nel corso di una ampia mostra personale organizzata alla “Galleria C 29”. Le strutture orizzontali o verticali, negli spazi scanditi rigorosamente, sottilmente tendenti allo sviluppo di un intimo teorema logico, presentano sequenze di piani, il cui equilibrio allude a un'esigenza di euritmia architettonica (Rif. Op. S 136; S 127). La testimonianza in catalogo annota un’azione di implosione e di penetrazione «nell'anima dell'opera, in un'ansiosa speranza» di personalizzare il bisogno d'ordine, e di conseguenza «i piani costruttivi, le colonne, i buchi, il meccanico muoversi delle superfici, nel loro essere» sembrano assumere «ogni volta una funzione nuova, una dimensione in cui la misura dello spazio e del tempo» viene scandita «energicamente e severamente nella assolutezza geometrica delle composizioni». Nel luglio, lo scultore prende parte a un'altra manifestazione prestigiosa: la V Edizione della “Biennale Internazionale di Scultura «Città di Carrara»”. Curiosamente gli organizzatori dimenticano di invitarlo alla rassegna: forse è una conseguenza delle polemiche sorte per la gestione della “Quadriennale di Roma”, avvenute qualche anno prima. L'artista, però, con tenacia tutta marchigiana, di sua iniziativa sottopone al giudizio della giuria le proprie opere. La commissione resasi conto di trovarsi dinanzi a uno scultore di vaglia ripara l’errore commesso nel non invitarlo, richiedendo almeno cinque suoi lavori, quasi una mini-personale all'interno dell'Esposizione (Rif. Op. S 31; S 32). Al “Premio Marche”, in Ancona, nel settembre, Peschi presenta tre legni: Modulo verticale corroso, Modulo verticale corroso agli angoli, Modulo verticale con corrosione orizzontale e verticale. In ottobre, spedisce una scultura a Firenze per la mostra dedicata dalla Galleria Numero a “38 artisti italiani contemporanei”, nella quale figurano Bonalumi, Burri, Calderara, Capogrossi, Dorazio, Fontana, Magnelli, Manzoni, Persico, Prampolini, Rotella, Sanfilippo, Scanavino, Schifano, Soldati, Turcato, Vedova, Virduzzo, Ziveri, Zoren e altri (Rif. Op. S 46; S 47). In dicembre, espone disegni in una collettiva allestita dalla “Galleria dell'Arco” di Macerata(Rif. Op. D 101; D 102). Lara Vinca Masini accenna a un «serrato rigore delle composizioni bloccate nelle due direzioni orizzontale e verticale» insistendo sul «rapporto esatto e severo dei piani scanditi in una serialità di crescita organica». Domenico Cara rileva come la scultura di Umberto Peschi si svolga «per razionali strutture visive, attraverso una ortogonale simbologia di ritmi ordinati, essenziali, severi», sufficienti a irradiare «una tipica nozione matematica, tattica, tra sintesi plastica e dinamicità architettonica». La lezione futurista sembra persistere nella sua essenza, ed anzi, rappresenta la base della stessa costruzione plastica.
Il 1968 si apre con una partecipazione a una collettiva alla Galleria «3 A» di Lecce, dove Peschi espone una scultura insieme a tele e disegni di Calderara, Nannucci, Nigro, Tolu e Zoren. In febbraio, è presente a “ Políminimi”, mostra allestita alla Galleria Fiamma Vigo di Roma, che nel marzo viene trasferita alla Galleria Carolina di Portici. In aprile partecipa con la scultura Modulo verticale con lacerazioni, alla “Mostra delle Gallerie d'Arte di Roma”, organizzata nel Palazzo delle Esposizioni (Rif. Op. S 33). Quindi, da maggio a settembre, invia proprie opere alla “IV Mostra Internazionale all'aperto”, allestita dalla Fondazione Pagani al “Museo d'arte moderna di Legnano – Castellanza”. In giugno, a Como, per la rassegna “24 artisti”, spedisce alla Galleria Solenghi una scultura e, sempre in estate, presenta il legno Divisibile sensibile alla “Mostra Internazionale di 70 artisti” su iniativa della Galleria Numero, a Firenze. Nel novembre un suo lavoro è di nuovo a Firenze in occasione della “Mostra d'arte contemporanea” di Palazzo Strozzi (Rif. Op. S 85). Conclude l'anno inviando una scultura alla “Mostra-mercato”, allestita alla Galleria Carolina di Portici.
I moduli di Umberto Peschi riassumono nel corso del 1969 una loro specifica funzione nell'ambito delle ricerche strutturali e sostanziali che caratterizzano quell'anno e si presentano con una fisionomia singolare, grazie alla quale la riflessione appare come elemento determinante della poetica, quasi che l'artista ritenga indispensabile ascoltare gli echi della propria interiorità, prima di utilizzarli nel fare. La conseguenza logica di ciò è un rallentamento notevole della produzione e un contemporaneo incremento del momento progettuale, sia esso individuato nella grafica che nella creazione dei bozzetti, rivelatisi vere e proprie minisculture, esemplari nella loro miniaturizzazione e felici per ricchezza di inventiva e per varietà di soluzioni. In gennaio suoi lavori sono tuttavia presenti a una collettiva, Polimínimi, allestita presso la Galleria Interni di Lecce, insieme a quelli di Bertini, Antonio Bueno, Secomandi, Antonino Virduzzo, Zoren; in luglio, partecipa a un'altra collettiva presso la Galleria Numero di Venezia, insieme a Claudio D'Angelo, Gelli, Rosenheim, Revai, Viola e Zoren; in settembre, a Vittorio Veneto, espone opere alla “Mostra omaggio dell'Arte italiana alla Città della Vittoria”; in ottobre, a un'altra collettiva, organizzata presso la Galleria Numero di Firenze, è presente insieme a Baldessari, Contemorra, Dordet, Pat Grimshaw, Luoratoll, Novy-Bosch, Tolu ed altri (Rif. Op. S 182; S 183; S 34; S 35; S 37). La stampa specializzata si interessa a lui, pubblicando notizie biografiche, fotografie di lavori plastici e grafici, brevi cenni critici. Domenico Cara riproduce in un suo libro il disegno Orme in orizzontale, uno studio per scultura di estremo interesse; su “Alba” appare La ricerca del tarlo, realizzata in essenza di legno giallastro; altre sculture e disegni vengono riprodotti su diversi quotidiani e settimanali specializzati.
Lucio Del Gobbo
4 - 1962-1969 |
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