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Il "tarlo" astratto: dall'Art Club all'entourage di Numero
Nella ricostruzione del passaggio di Umberto Peschi dalla figurazione delle aerosculture futuriste all'arte astratta, si individuano almeno due eventi determinanti: l'incontro con Enrico Prampolini e la frequentazione dell' Art Club di Roma e l'ingresso, sin dagli inizi degli anni cinquanta, nell'entourage della Galleria Numero di Fiamma Vigo, che si costituì -almeno al suo esordio -come un anomalo satellite dell'associazione romana nella promozione dell'arte d'avanguardia.
Tornata a Firenze dopo un lungo soggiorno a Parigi, dove era giunta appena diciottenne nel 1926 per studiare all'accademia del maestro postcubista Andre Lothe, dal 1947 la Vigo apri il suo studio fiorentino di via degli Artisti alle discussioni di intellettuali e giovani artisti italiani e stranieri, con l'intento di contribuire allo svecchiamento della cultura locale, attardata nel dibattito tra arte astratta e arte concreta, nonche ancora tra figurazione e astrattismo. In quello stesso anno entrò a far parte dell' Art Club (1), l’Associazione Artistica Internazionale Indipendente costituitasi per promuovere e far conoscere, attraverso ogni sorta di manifestazione e al di sopra di ogni frontiera, "gli artisti e le opere significative del nostro tempo" (2), per cui svolse il ruolo di consigliere e di corrispondente da Firenze fino al 1953. Ancora in una lettera del 1952, infatti, la Vigo chiedeva a Prampolini di inviarle i resoconti dei congressi dell' Art Club (3) con cui lei stessa continuò a esporre fino al 1954.
I rapporti con l'associazione romana furono intensi almeno fino alla metà degli anni cinquanta e molti tra gli artisti dell' Art Club furono coinvolti sia nelle attività della rivista "Numero. Arte e letteratura", fondata dalla Vigo nel 1949, sia nelle mostre (4) organizzate dall'omonima galleria aperta insieme ad Alberto Moretti a Firenze il 7 marzo 1951 con una personale di Giuseppe Capogrossi, a sua volta membro dell' Art Club e tra i fondatori a Roma del Gruppo Origine insieme a Ettore Colla, Alberto Burri e Mario Ballocco.
Sotto l'influenza dell'architetto Alberto Sartoris, che negli anni trenta a Parigi aveva partecipato alle iniziative della formazione astratta di Cercle et Carre ( che aveva riunito attorno al pittore e critico Michael Seuphor artisti come Mondrian, Vantongerloo, Arp, Torres Garcia e gli italiani Prampolini e Russolo ), nella fase iniziale della sua attività Numero si orientò prevalentemente verso un'arte , astratta di matrice geometrica, cui non furono estranee l'influenza della recente riscoperta di Giacomo Balla e la rivalutazione di Alberto Magnelli. Attraverso l' organizzazione di mostre e convegni, "la sacerdotessa dell'arte astrattà" (5) riusci da subito nell'impossibile impresa di riunire attorno al cenacolo fiorentino di Numero, non solo gli astrattisti toscani e i romani dell' Art Club e dell' Age d'Or, ma anche i milanesi del Mac Espace e quelli del Gruppo Napoletano Arte Concreta.
Nel contempo, su interessamento di Enrico Prampolini (6), che aveva visto e apprezzato le sue opere, pur non essendo socio dell' associazione, Umberto Peschi aveva esposto alla "VI Mostra annuale dell' Art Club" del 1952 (7) e, tra l'aprile e il maggio 1953, alla "LXXXII Mostra dell' Art Club. Arte astratta italiana e francese" che si tenne alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma e che coinvolse esponenti di punta dell'astrattismo italiano e straniero tra cui i già citati Giuseppe Capogrossi, Alberto Magnelli ed Enrico Prampolini, Jean Arp e Sonia Delaunay, insieme agli scultori Ettore Colla, Pietro Consagra, Edgardo Mannucci, Umberto Mastroianni, Mirko e Alberto Viani.
Al 1953 risale anche l'esordio di Peschi nella fucina anticonformista di Numero insieme con il pittore e amico maceratese Wladimiro Tulli, accostati in una delle tipiche "doppie personali" in cui la Vigo era solita creare ipotetici dialoghi tra diverse tipologie di opere, oppure ( e non è certo questo il caso) met tere a confronto esperienze di artisti di generazioni diverse o provenienti da differenti aree geografiche. Nella presentazione al piccolo catalogo, Virgilio Budini scrisse di "tempo-spazio-luce" e "forme forza", mettendo in evidenza per entrambi gli artisti, con un lessico ancora carico di echi futuristi, l'influenza delle passate esperienze. Attraverso di esse, Tulli era giunto "a superare gli schemi troppo freddi dei vari purismi postcubisti" e Peschi al "perfetto equilibrio fra vuoti e pieni in un' armonica atmosfera di architettura mistica ed a un tempo severa e razionale" (8); di quest'ultimo, inoltre, Budini, sottolineava le qualità plastiche e l'abilità tecnica. Tra le opere esposte da Peschi alla mostra, è riportata in catalogo, insieme con un dipinto di Tulli, una piccola Scultura in cui il legno finemente lavorato si sviluppa in linee che si intrecciano secondo un ritmo ascensionale. La mostra fu cosi lapidariamente recensita sull'Avanti": "Da Numero legni scolpiti di Umberto Peschi e dipinti di Wladimiro Tulli: convenzionali rimasticamenti di forme astratte che ci lasciano del tutto indifferenti" (9).
Con l'incrementarsi delle mostre di Numero, che cercava di seguire il modello dell' Art Club nel tentativo ansioso di contribuire alla formazione di una nuova coscienza artistica capace di superare la confusione e la sfiducia acuita dall'esperienza della guerra, anche la presenza di Peschi si fece più assidua: tra l'agosto e il settembre del 195410 scultore partecipò con l'opera Giocatori di palla a volo alla "Mostra nazionale di arte non-oggettiva" in cui, tra gli altri, erano presenti ancora Capogrossi, Prampolini e Tulli, assieme a Nigro, Perilli e Arnaldo Pomodoro, intervenuti lo stesso anno alla "Mostra Nazionale d' Arte Astratta" organizzata dall' Art Club alla Pinacoteca Comunale di Macerata.
Tra l'agosto e il settembre 1955 Peschi riproponeva la sua Scultura alla "Mostra internazionale all'aperto di arti plastiche" organizzata da Numero alla Cava di Monterinaldi presso l'abitazione dell'architetto Leonardo Ricci, a cui intervennero oltre sessanta artisti fra i quali Cagli, Mirko, Pierluca, Arnaldo e Giò Pomodoro, David Gould e soprattutto Torres Garcia esponente principale del gruppo argentino Art Madi, che era stato con Michel Seuphor tra i fondatori a Parigi della rivista "Cercle e Carre': L'iniziativa a Monterinaldi, tra le più importanti promosse da Numero durante la sua attività, fu favorevolmente salutata da Lionello Venturi (10) m, che in una lettera pubblicata in catalogo lodò l'impegno della Vigo e di Ricci nel cercare di ripristinare, attraverso il confronto tra pittura, scultura e architettura, quell'unità di "gusto" di cui tutto il mondo dell'arte sentiva la mancanza. Segnalata peraltro da Gillo Dorfles su "Domus" e da Lionello Venturi sull"'Espresso", la mostra ebbe grande risonanza a livello nazionale e internazionale.
Nel 1956, anno che si era inaugurato con l'importante mostra "9 Scultori Austriaci" a cui avevano partecipato Wander Bertoni e Fritz Wotruba, Peschi è presente in tutte le collettive promosse da Fiamma Vigo a partire dalla "Mostra riassuntiva dell'attività della Galleria" e dalla "Prima mostra completa della Collezione 'Numero' di Fiamma Vigo" allestita al Museo Civico di Pistoia.
Nel maggio del 1957 alcune opere dello scultore vennero esposte alla mostra "70 opere della collezione di Numero" e tra i mesi di agosto e settembre alla "CLXXXI Mostra" dove presentò l'opera Ricordo degli avi: a questo punto il "tarlo" dell'arte astratta, intesa quale unica risposta possibile all'urgenza di rinnovato equilibrio, auspicata già da Fiamma Vigo a partire dal trattato Armonia e Numero (11) e da tutti gli artisti gravitanti nella sua galleria, sembra essersi insinuato nel lavoro dell'artista per modificarlo irrevocabilmente.
Nell'ottobre del 1958 Peschi fu incluso da Fiamma Vigo tra gli artisti scelti per formare il gruppo di Numero che espose alla Galleria San Carlo di Napoli in una mostra organizzata in collaborazione con il Gruppo 58 e nelle mostre scambio tra Firenze e Zurigo alla Beno Galerie e alla Galerie l' Antipoete di Parigi. Ma questa prima formazione, che in realtà variava a ogni mostra ( a eccezione delle presenze costanti di Moretti, Peschi e Tulli), già agli inizi degli anni sessanta sembrava destinata a dissolversi, a causa delle differenze tra gli artisti che prevalevano sui punti in comune, come dimostra una lettera scritta dalla Vigo a Wladimiro Tulli subito dopo la "Mostra Internazionale di Arte Astratta" organizzata al Palazzo Pretorio di Prato: "Per il gruppo Numero, visto che è impossibile farvi andare d'accordo e che non dovrei dividerlo in due (come hai detto tu) ma addirittura in cinque, sei gruppetti per accontentare tutti, ho pensato di scioglierlo" (12).
La galleria, all'interno della quale la Vigo continuava a proporre mostre di confronto senza un programma preciso ne una precisa linea direttiva, dall'astrattismo geometrico si era progressivamente aperta all'informale, cui non rimase estraneo Peschi, coi suoi termitai divenuti corrosi, ne gli altri scultori che gravitavano attorno alla galleria operando con materiali eterogenei che andavano dal legno alle lamiere alla pietra, tra cui si possono ricordare Carrino, Church, Gould e la Spiteris.
Con Gould, Church e Chiò (nome d'arte di Ernesto Galeffi), Peschi partecipò alla "Collettiva internazionale" organizzata dalla Vigo per inaugurare gli spazi della Galleria Numero in piazza di Spagna a Roma, che si proponeva di continuare il suo programma di "accogliere l'opera legata alla espressione non oggettiva" e di continuare "nell'individuazione dei più significativi artisti che in questo ultimo decennio si sono poi affermati in Italia e all'estero" (13). Alla mostra romana, le sculture lignee "quasi totemiche" di Umberto Peschi, come le definì Antonio Bandera recensendo la mostra, si affiancavano all'inventività compositiva di Chiò e alle "allucinanti ruote dello scultore Gould": esperienze tra loro estremamente differenti ma accomunate da una evidente abilità tecnica maturata col tempo, cui restava estraneo lo scultore statunitense Church che invece, secondo l' autore del testo, mostrava di dover ancora affinare la propria personalità (14).
Significativamente, a illustrare l'articolo furono riportate solo le immagini dei dipinti di Chiara Andreis, W ad, Ugo Bergamini, Renato Barisani, Alberto Moretti e Zvi Gali: questo perché Numero era conosciuta soprattutto come galleria di pittura astratta; le sculture, in cui il rigore della geometria cedeva lentamente il passo a forme meno rigide ricavate per sottrazione da una materia frammentata, si ritrovano, perfettamente leggibili e riconoscibili, in una fotografia scattata in galleria dallo stesso Gould.
In una recensione della mostra di apertura della galleria romana, apparsa sul "Tempo", non solo la presenza dei "concittadini" Peschi eTulli è sottolineata, ma è addirittura ribadita con l'annuncio della successiva mostra organizzata da Numero al Casinò Kursaal di Ostenda (15) dove Peschi espose alcune "sculture" scavate, modellate e modulate dalla sgorbia che, come un potente tarlo, corrode il legno aprendo definitivamente l'opera al dialogo con lo spazio.
Agli inizi degli anni sessanta, che segnarono per molte gallerie italiane l'apertura al mercato internazionale, Fiamma Vigo proseguì nella propria linea di sostegno a ricerche non omologate. Ricorda Carlo Cioni: "Molti artisti continuano il loro lavoro inseguendo la qualità fuori dal mercato e proprio fra loro a volte si danno gli esiti più interessanti. L'arte sopravvive fuori dal 'sistema' e proprio 'Numero' si propone in questo periodo fra i luoghi più vivaci e alternativi in cui convergono molti giovani artisti fuori del mercato" (16).
Fu proprio questa volontà di sopravvivenza al di fuori delle leggi di un sistema allora emergente e presto dominante che poté permettere l'avvicinamento, sotto l'egida dell'astrattismo, del silenzioso Peschi agli altri artisti dell'entourage di Numero, al di là di effettive o presunte tangenze poetiche, tecniche o linguistiche. Nel maggio del 1961, alla sua seconda personale alla Galleria Numero, Peschi espose Ricordi medioevali e una serie di sculture in legno ancora caratterizzate da un vorticoso ritmo ascensionale, in cui la poetica del tarlo sembrava giunta ormai a maturazione. La mostra ebbe luogo subito dopo quella di Zoren (Renzo Ghiozzi), anche lui attivo a Macerata e alla seconda personale dopo una precedente mostra nel 1959. Presentato da Giulio Carlo Argan, aveva intanto fatto la sua comparsa a Numero lo scultore argentino Federico Brook, a Roma dal 1956, con alcuni lavori di assemblaggio realizzati sul modello di Ettore Colla ma utilizzando materiali industriali freddi come l' acciaio e il metipolimetacrilato: l' esatto opposto delle opere in legno di tiglio, acacia e ciliegio di Peschi, presente ancora tra il 1963 e il 1964 alle mostre collettive organizzate dalla Vigo al Centro Artistico Il Grattacielo di Livorno e al Garden House del Cinquale, nonche alle importanti "vetrine" della prima e della seconda "Mostra Mercato Internazionale" di Palazzo Strozzi.
Le tendenze neodada, pop, cinetico programmate e neofigurative che cominciavano a farsi strada anche a Numero, che nel frattempo aveva incrementato la sua attività e di conseguenza i suoi contatti e i suoi scambi con le due nuove sedi a Venezia e Milano, non sembrano contaminare il lavoro di Peschi che, al contrario, procede raffinando ulteriormente il suo linguaggio mentre incalzano quelle che, in un'inchiesta per la rivista "Arte oggi", Guido Montana rilevava come Le problematiche artistiche di Gruppo per cui la creatività individuale non sembrava più sufficiente a qualificare adeguatamente il lavoro artistico come tale (17).
In risposta alla crisi del soggettivismo causata dall'esaurirsi dell'informale, ma non solo, anche all'interno di Numero si costituirono da quel momento numerosi gruppi, composti in prevalenza da pittori: primo tra tutti il Gruppo 63 (poi scisso in Sperimentale pe Gruppo Operativo r), nato intorno alla Numero di Roma e il gruppo Dialettica delle tendenze, sorto invece in seno alla galleria di Venezia nel 1964.
Lo stesso Peschi, che con Tulli e Ricci a Macerata faceva parte del gruppo Levante, nel 1964 confluì, unico scultore, nel Gruppo Punto contraltare del provocatorio Gruppo '70 di Firenze, spesso ospite di Numero e che mescolava musica, arte, linguaggio e tecnologia.
Il Gruppo Punto, che nelle gallerie Numero di Firenze e di Roma presentò l' Antologia a cura di Ferruccio Lucini e Vanni Scheiwiller, era composto da Azuma, Calderara, Dangelo, Hsiao Chin, Li Yuen Chia, Pizzo e Zoren, artisti di diversa provenienza e formazione.
Ad accomunarli, oltre all'attenzione nei confronti del segno, inteso come processo di scrittura della forma, la fiducia nell'azione liberatoria dell'operare artistico: elementi che caratterizzarono successivamente anche il Set di Numero, "creato" nel 1965 per volontà di Fiamma Vigo che scelse il nome e
individuò gli artisti da lei ritenuti più rappresentativi tra quelli che avevano esposto nelle sue gallerie. Oltre a Peschi, fecero parte del Set artisti di diversa età e provenienza: Mario Bassi, Ugo Bergamini, Gianfredo Camesi, Sara Campesan, Franco Gelli, Antonio Niero e Vittorio Tolu, che a proposito del Set ha sottolineato:"Ognuno testimoniava se stesso attraverso la liberazione dai condizionamenti estetici; ovvero partecipava con un impegno mentale e, oserei dire, fisiologico all'avventura dell'esperienza vissuta" (18).
Nessuna imposizione, dunque, e nemmeno influenze o "interferenze", come sottolineò Lara Vinca Masini in catalogo "se non per quanto riguarda l'intenzionalità della ricerca e la serietà di ricerche di Bassi e di Niero, sulla percezione ottico-dinamica, quelle di Bergamini, in una sorta di organizzazione psicologica della memoria e dell'oggetto. Ipotesi della strutturazione corale di allusione umana di Gelli può essere avvicinata alla tensione sospesa delle campiture di superfici infinite di Zoren, alle monocromie plastiche di Camesi, a quelle di Campesan. Il simbolismo grafico delle tracce proiettate di Cioni può essere accostato, senza contrasto di fondo, alle ritmate composizioni di Peschi, alle esatte attrazioni di Tolu. Ognuno di questi artisti ha un suo mondo definito di immagini, un suo linguaggio preciso; ciascuno, con tenacia e con modestia, persegue un suo fine. Alcuni hanno una compiutezza di espressione artistica maggiore, rispetto ad altri. Pure insieme offrono un panorama variato, ma sempre unidirezionale, e positivo, uno specchio sufficientemente chiaro di una situazione di attualità e di coerenza artistica" (19).
Il gruppo esordì con una serie di mostre itineranti, la prima delle quali fu organizzata alla galleria La Carabaga di Genova (a sua volta animata dagli artisti del Gruppo Studio) per poi spostarsi alle gallerie Numero di Milano, Roma, Venezia e, dopo aver raggiunto la Galleria Zero di Verona, la Galleria Punto di Palermo, Torino e Sciacca, chiudere il percorso presso l' Azienda di soggiorno di Merano nell'autunno del 1966.
L' eclettismo del gruppo, che Fiamma Vigo aveva inteso positiva:mente, ne determinò il precoce scioglimento nel 1967 dopo l'esposizione alla Modern Art Agency di Lucio Amelio dove, presentando le opere degli artisti, Claudio Popovich aveva prospettato una chiave di lettura linguistica nuovamente incentrata sul valore del segno, inteso come veicolo di un'ideale "proposta di comportamento': "In Bergamini': scrive Popovich, "il segno si fa mediatamente immagine; in Camesi il segno modifica costantemente il progetto; Campesan accoglie segno e progetto come dati aleatori; in Cioni il segno è decisamente utopico; il segno di Gelli altro non è che un segno quantizzato; il segno di Niero è dedotto dal progetto, ma lo contesta; in Peschi è quasi referenziale, non intervenisse il ritmo della composizione; Tolu indaga i confini tra segno e oggetto. In Zoren il segno è in rapporto con la materia" (20).
Da una costola del Set di Numero, che per volontà della Vigo si sarebbe di nuovo riunito a Roma nel 1975 per le mostre di "Verifica", sarebbe nato il Gruppo Arte Oggi, organizzatore a Firenze nel 1967 della contestata mostra "Premio Arte Oggi. Una ricerca autonoma per un'arte autentica. I rassegna di arti visive organizzata dalla rivista Arte Oggi con la collaborazione della galleria Numero" a cui prese parte anche Peschi con l'opera Modulo verticale corroso al centro, ancora con Tulli e Zoren.
Nelle pitture di questi si individua l'unico probabile termine di raffronto per lo scultore, che concepì sempre l'arte (come auspicato da Rosario Assunto in quell'occasione) come processo continuamente in atto e come ricerca autonoma e autentica.
Benché la Vigo avesse continuato a proporre le sue sculture, le apparizioni di Peschi -che dalla metà degli anni sessanta era passato a concentrarsi ulteriormente su opere di dimensioni sempre più piccole e sulla grafica -cominciarono a farsi più rare. Nel 1968 l'artista prese parte alla "Mostra mercato d' Arte contemporanea" a Palazzo Strozzi, in cui espose un Tarlo accanto a oggetti e strutture astrat te degli scultori Barbieri, Grimshaw, Viale, Revai, Raffaele e Yehuda Ben Yehuda, mentre nel 1973 fu coinvolto in un'ultima doppia personale, ancora una volta accantO-a un pittore e non a uno scultore. In anni in cui la scultura tendeva sempre più a mimare la pittura o l'installazione (basti pensare alle opere astratte di Marcolino Gandini che, passato alla pitto-scultura dopo una formazione da pittore con Felice Casorati, negli anni settanta colorava le sue opere astratte con il morgan paint), nessuno, tra gli artisti gravitanti a Numero in quegli anni, avrebbe infatti potuto rapportarsi alle opere di Peschi come Claudio D'angelo. II suo rigore matematico nell'alternarsi di bianchi e neri dei Progetti di spazio corrispondeva perfettamente al ritmo delle composizioni geometriche che lo scultore otteneva variando il tono delle superfici in moduli in cui i pieni si avvicendavano ai vuoti.
L' elenco delle mostre di Numero a cui partecipò Peschi si conclude con quello delle mostre della galleria a Venezia, dove, con Questo sei tu, chiudeva l'ultima delle gallerie di Fiamma Vigo e l'ultimo baluardo di una libera espressione astratta in cui, dal 1951, si erano mescolati rigore e creatività.
Incurante del mercato e della critica, per tutto il tempo in cui furono attive le sue gallerie di Firenze, Roma, Prato, Venezia e Milano, la Vigo si preoccupò unicamente di individuare e di incoraggiare artisti giovani e meno giovani) a cui poi, come lei stessa aveva auspicato, non mancarono di giungere riconoscimenti ufficiali: non solo, dunque, nell'ambito della pittura, nella quale la Vigo si adoperò precipuamente data la sua formazione artistica, ma anche in quello della scultura, sebbene nella sua galleria gli scultori siano stati relativamente pochi e impegnati in ricerche più autonome e diversificate rispetto a quelle dei pittori.
Ancora oggi, a recupero avvenuto dell'Archivio di Numero, disperso a causa dell'alluvione del 1966 e delle sfortunate vicende economiche e giudiziarie della Vigo che causarono la chiusura delle gallerie tra il 1976 e il 1977 , non è facile restituire appieno la complessità di sviluppi di una tra le realtà artistiche più feconde e complesse del secondo dopoguerra italiano, ma l' esperienza di Umberto Peschi, che fu tra le presenze più originali e assidue della galleria, costituisce un'ulteriore conferma dell'importante ruolo di apertura da essa svolto nell'aggiornamento culturale di quei difficili e controversi anni.
Desdemona Ventroni
Da UMBERTO PESCHI, OPERE 1930-1992, Catalogo della Mostra tenuta a Macerata, chiesa di San Paolo, dal 17 luglio al 12 ottobre 2004, a cura di Paola Ballesi, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, Milano, 2004
NOTE
1) L’Art Cub di Firenze, costituitosi proprio nel 1947, era composto da Bernarde Andrè, Edoardo Bargheer, Raffaello Franchi, Slavko Kopak, Oscar Gallo, Angelo Maria Landi, Roberto Salvini, Steiner. si veda al proposito R. Manno Tolu, M.G. Messina (a cura di), Fiamma Vigo e Numero. Una vita per l'arte, catalogo della mostra (Firenze, 2003), Centro Di, Firenze 2003.
2) Statuto, in "ArtClub", 1, n. 1, luglio 1948.
3) Lettera datata 14 settembre 1952, AsFi (Archivio di Stato di Firenze), Carte Fiamma Vigo Numero, XXXII, Corrispondenza, 1-1.
4) Alla mostra "Arte in Vetrina", organizzata dalla Galleria Numero nel maggio 1951, partecipano molti artisti dell'Art Club con cui la Vigo nel dicembre dello stesso anno organizzò anche un convegno.
5) D. Frosini, Fiamma Vigo -Galleristi in Galleria, in "Nazione Sera", 1963.
6) Cfr. E. Prampo!ini, cartolina postale senza data indirizzata a Umberto Peschi, con timbro postale 5 marzo 1952, Archivio Umberto Peschi, Macerata.
7) Alla mostra partecipano i pittori Afro, Burri, Cagli, Capogrossi, Corpora, Dorazio, Guttuso, Mafai, Matta Echaurren, Monachesi,Prampolini, Stradone, Turcato e gli scultori Consagra, Fazzini, Greco e Mannucci.
8) V. Budini, presentazione in catalogo per la mostra personale di Umberto Peschi e Wladimiro Tulli, Galleria Numero, Firenze, 12-25 novembre 1953.
9) M. C., in "Avanti", 26 novembre 1953.
10) Cfr. L. Venturi, nel catalogo della mostra "Numero. La Cava. Mostra internazionale all'aperto di arti plastiche", Firenze 1955.
11) A tale proposito si veda M.G. Messina, Fiamma Vigo, l'estetica del numero e gli anni di Parigi, in R. ManDo Tolu, M.G. Messina (a cura di), op. cit.
12) Lettera d! Fiamma Vigo a Wladimiro Tulli, Firenze 27 maggio 1960, AsFi, Carte FiammaVigo Numero, Corrispondenza, LV, 1-81.
13) A. Bandera, Alla "Numero" di Roma 'Collettiva Internazionale', in "La scena Illustrata", 1960.
14) Ibidem.
15) Espongono nella Capitale Peschi e TuLli, in "Il Tempo", 2 settembre 1960
16) C. Cioni, Fiamma Vigo, l'attività di Numero e l'arte negli anni '60, testo redatto in òi:casione di una giornata di studio su Fiamma Vigo promosa dalla Facoltà di Architettura di Firenze, 17 ottobre 2000.
17) G. Montana, Le problematiche artistiche di gruppo, inchiesta di "Arte Oggi", V, luglio -settembre 1963.
18) V.Tolu, Il 'Set' di Numero, in "NAC", n. I, gennaio 1973, pp. 12-13.
19) L. V. Masini, presentazione in catalogo per "Il Set di Numero", Milano, Galleria Numero, 3-15 marzo 1966.
20) Cfr. C. Popovich, presentazione in catalogo per "Il Set di Numero': Napoli, Modern Art Agency, 11-31 marzo 1967.
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