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Ricordo di Umberto
"Quando frequentavo la Scuola d'Arte, tanti anni fa qui a Macerata, già immaginavo come sarebbe andata a finire, sentivo dentro di me questo fervore, questa smania di fare. Tutto ruotava in direzione della strada che avrei dovuto percorrere per tutto il tempo che avevo davanti. E, così, anno dopo anno, ho vissuto in compagnia dei miei pensieri, schivando il dolce tepore del benessere e cercando sempre di non farmi irretire dal colore dell'oro; immedesimandomi in un mondo -quell'arte -nel quale ancora oggi continuo a credere. Se poi il mio frenetico lavoro abbia lasciato qualche traccia di rilievo, non tocca a me dirlo". E quanto scrive a metà anni Ottanta, Umberto Peschi in una dichiarazione di poetica pubblicata in quel preziosissimo volume di Anna Caterina Tonj, Ricerche contrapposte, rimasto fin ad oggi uno strumento indispensabile per lo studio e la conoscenza dell'arte contemporanea nelle Marche. Nelle parole di Peschi c'è una lontana saggezza; vi sono i colori di un tempo nel quale l'arte animava la fantasia e il coraggio, l'intrepida sfida al destino, senza i facili successi elaborati a tavolino, costruiti come castelli di sabbia sulle pagine pubblicitarie delle riviste. Umberto l'ho conosciuto a metà degli anni Ottanta; è stato a Ripe San Ginesio in occasione della mia prima mostra nelle Marche. Poche parole, qualche accenno agii anni del Futurismo, ai miei studi sugli anni Trenta e Quaranta, sull'esperienza dell'aereopittura. Con noi, implicato nella discussione Wladimiro Tulli, Le parole di Umberto solcavano il tempo sollevando da esso piccoli trucioli di ricordi, le mani accompagnavano la parola, gesticolando come a inseguire il segno delle sue sculture. Poi siamo stati,dopo qualche anno al suo vecchio studio a Macerata: è una fortezza sistemata a baluardo del pressappochismo che regna il nostro quotidiano;una fucina di idee, di lavoro, di progetti. Un'aria particolare rendeva maggiormente magico quel pomeriggio, il tempo della storia, tra presente e passato sembrava stimolare ancora di più i nostri discorsi, giunti dopo anni di amicizia alle disquisizioni sui problemi formali,sul senso da dare alla ricerca plastica, alle novità che in questi anni sono comparse sulla scena dell'arte, sui nuovi sistemi del mercato; Di tanto in tanto usciva dal cassetto una vecchia foto ricordo; il profilo di Tano, l'ingiallita foto di Prampolini, la cartolina di Tulli, qualche figura di donna ...e poi tanti, tanti studi, piccoli modelli di sculture fatti come giochi per un immaginario domestico. Umberto Peschi è stato un grande scultore e soprattutto un Intellettuale che ha saputo rapportare il suo essere nel grande battito del mondo. La sua è stata un'esperienza legata ai profondi valori della società, al senso etico che oggi sembra essere naufragato nelle onde dell'arrivismo. Scrivevo qualche anno fa,presentando il lavoro di Umberto nella mostra "Segmenti in movimento", tenutasi a Praga nel 1991 che la posizione assunta dalla sua scultura è certamente in antitesi con la consumata essenzialità che caratterizza la plastica propria delle ultimissime generazioni, la lucida razionalità costruttiva dei suoi "moduli" lignei si ancora alla tradizione della cultura delle avanguardie. Una cultura che media il linguaggio con la capacità creativa, con la manualità,con il sapere artigiano, in senso traslato, potremmo dire che essa sobilla l'incontro tra l’”lo" (lo spazio privato) e l’"lo" collettivo, inteso come trasporto di processi propri di una continuità.
Massimo Bignardi
(Presentazione in catalogo della Rassegna Equinozio di primavera, confronto di linguaggi sul finire di un millennio, Seconda Biennale d’Arte di Torre San Patrizio - AP -, marzo-aprile 1993)
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Sulla "terrazza" di Ripe
Umberto l'ho conosciuto a metà degli anni ottanta; è stato a Ripe di San Ginesio in occasione della mostra "Osservatorio Vesuviano" organizzata da Silvio Craia nell'ambito degli annuali appuntamenti dedicati alle nuove situazioni dell'arte italiana, soprattutto rivolti alle giovanissime presenze. La mia non celata "napolitanità" faceva sorridere Umberto, uomo per certi versi schivo e taciturno ma capace, a tratti, di grandi risate, di racconti conditi da fervori e da passioni, ove c'era di tutto, compreso brani di quella sua awenuta futurista. Il primo incontro fu, per entrambi, sotto il segno del sospetto, ossia della reciproca attenzione a studiare l'altro. Poi poche parole, qualche accenno al Futurismo, ai miei studi sugli anni trenta, sull'esperienza degli aereopittori partenopei, sciolsero il ghiaccio, anzi aprirono ad una "interminabile" chiacchierata. Eravamo seduti sotto il piccolo portico del bar che dà sulla piazza posta all'ingresso del centro, con lo sguardo rivolto verso le colline che fanno da cornice a questo nascosto angolo delle Marche. Umberto mi indicava con la mano i paesi; seguiva le traiettorie dei pendii, quasi a tracciare sul paesaggio gli andamenti curvilinei di una sua scultura, ovvero a plasmare l'aria, a modellare il verde degli alberi o l'ocra scura della terra. Umberto è stato un grande scultore e soprattutto un intellettuale che ha saputo rapportare il suo essere all'inquietudine, alla moderna ebbrezza che ha pervaso gli ultimi decenni del novecento. Lo è stato, però, con discrezione e, senza cadere nella retorica, con la giusta umiltà, vale a dire ponendosi a contatto con le "cose", con la realtà, guardando, cioè lontano. Si, proprio come aveva fatto quel giorno dalla terrazza di Ripe, inseguendo forme che la Natura ci suggerisce, cercando nelle analogie le linee, la sagoma, il disegno di una sua creatura.
Massimo Bignardi
(Dal catalogo Costantinopoli 107° - Retrospettiva omaggio a Umberto Peschi, con interventi di Bignardi, Binni, Crispolti, Del Gobbo, Ferretti, Fiorillo, Toniato)
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