Lucio Del Gobbo - Associazione Peschi

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Lucio Del Gobbo

 


Umberto Peschi e il gioco delle forme
Umberto Peschi ama giocare con le forme. Le inventa, le rimugina, le osserva nel loro evolversi, con la curiosità e lo stupore di un bambino; lo stesso senso della scoperta, la stessa freschezza e sensibilità, ma non certo l'ingenuità. Un qualsiasi materiale, il cartone, il legno, il metallo in fili o in barre, è adatto per invogliarlo al gioco, ma non si considera un designer, ne lo interessa tout court il concetto di «arte applicata". «In fondo, io sono un operaio, un fabbro, un falegname, un idraulico, che anziché «utilizzare" i materiali, anche nel senso di renderli utili, ci gioca. Forse per questo ci sto in maggiore confidenza, ed essi mi dicono delle cose e mi rivelano la loro bellezza". Ma dietro a questa disposizione ludica c'è dell'altro, ci sono altri stimoli che egli tralascia di analizzare ma ai quali volentieri si abbandona: l'intento, ad esempio, di accelerare e di verificare il senso della propria esperienza umana oltreché artistica, la ricerca dei nessi con altre vicende, esistenziali, politiche, sociali. Una fusione di arte e vita che assiduamente si realizza rivelando quella visione umanistica che l'opera di Peschi esprime con assoluta continuità dai tempi della sua prima scelta artistica. Tutto riguarda solo e sempre l'uomo. La poetica del «tarlo" che costruendo distrugge e distruggendo costruisce, nella sua dialettica contrapposizione di forma e senso, riassume lo stato anche drammatico di positività e negatività del “suo” dibattersi; la conformazione delle “sue" dimore, si considerino al riguardo le torri lignee che costituiscono la più recente produzione di Peschi, come nella biblica Babele, rende la dimensione delle “sue”, aspirazioni ma al tempo stesso delle “sue" vanità. Concetti e sensazioni che si dipanano nelle opere dell'artista maceratese, senza concitazione, in virtù di un sostanziale ottimismo, con i benefici di una attitudine splendidamente ibrida di empirismo e razionalità

Lucio Del Gobbo

Dal Catalogo "I Luoghi della Scultura" per la rassegna Treia 88 – Incontri Internazionali d’Arte, Treia, 9-17 luglio 1988

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Pensare, costruire, esprimere e "vivere"

Affermare che Umberto Peschi trova nella scultura e nella ideazione artistica in generale, il giusto, l'unico modo a lui possibile, di pensare, di costruire, di esprimere e, in una parola, di "vivere" con adeguatezza e benessere il proprio tempo esistenziale, potrebbe sembrare cosa troppo generica ed enfatica, eppure, l'entusiasmo, lo stupore e la gioia che a lui procurano il lavoro, con le sue necessità di applicazione sia tecnologica che manuale, e, infine, la forma raggiunta, dimostrano a chi ha modo di conoscerlo e seguirne costantemente l'attività e gli umori, che questa è la pura verità. Deriva forse da tale constatazione una impressione di positività che, riguardando tutta la sua produzione, dalla fine degli anni trenta ad oggi, non è mai smentita ed appare anzi come caratteristica genetica di ciascuna opera. La stessa poetica de "il tarlo", sulla quale tanto ha insistito, ed opportunamente, lo scultore maceratese, a ben guardare, pur nella contrapposizione dialettica di bene e di male, di aggregazione e di disfacimento che sempre propone, si risolve essenzialmente nel costruire, perché mai una forma di Peschi è inquinata e traviata da un episodio negativo che non risulti poi finalizzato ad un intento di costruzione. Il "costruttivismo", da concezione tecnica e di linguaggio collegata ad un periodo artistico, da stereotipo, per così dire, storico, nell'opera di Peschi diventa filosofia "portante", ineliminabile stimolo creativo. La valenza architettonica di forme, seppure minime, realizzate da Peschi in periodi diversi, come rivelato da questa sorprendente operazione di "ingrandimento" che ha coinvolto l'intero Centro Storico di Macerata, è essa stessa dimostrazione chiara di tale impronta filosofica. Nonostante il benessere interiore ed il sereno entusiasmo da cui i lavori di Peschi scaturiscono, mai e poi mai si prestano a una sensazione di amenità. Né corrono assolutamente il rischio di apparire solo accattivanti, collegati come sono a una logica geometrica complessa che in qualche modo rappresenta le implicazioni ed i significati profondi del vivere, non tralasciando mai nella loro espressività, di rendere anche la crudezza ed il dramma che pure alimentano l'umana realtà. Nelle sue forme di individuano allo stesso tempo la complicatezza e la semplicità, un'attenzione analitica sia per la superficie che per la struttura ed una soluzione di sintesi che infine prevale e disciplina il tutto. Le realizzazioni di Umberto Peschi vivono di questo equilibrio ed in esso trovano la bellezza ed una misteriosa parvenza di classicità.

Lucio Del Gobbo


Dal catalogo della mostra "Umberto Peschi -  Modularmente - Anni 60" a cura di Enrico Crispolti - Macerata Centro storico - luglio-agosto 1990- Il testo è pubblicato nello stesso anno nel catalogo del Premio Marche, Rassegna Nazionale, Ancona  1990, De Luca Edizioni d’Arte

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Ricordo di Peschi

Il 15 novembre 1992 si spegneva lo scultore maceratese Umberto Peschi.
A seguito di una caduta nella sua casa in Piazza Lauro Rossi era rimasto gravemente infermo e la morte era sopraggiunta dopo diverse settimane dal ricovero in ospedale.
Era stato operoso sino all'ultimo. La sua inventiva, la sua voglia di esprimere attraverso le forme, l'amore per l'esercizio artistico, la considerazione dell'arte come nobilitazione del lavoro manuale sulla materia, erano state le sue regole di vita mai rinnegate.
Peschi è  stato uno degli artisti marchigiani più  coerenti e geniali. Aveva considerato l'arte come un sacerdozio, da seguire con  dedizione assoluta senza calcoli venali e opportunistici: una ricerca appassionata in cui si era trovato coinvolto non solo a livello estetico e formale, ma con tutte le sue risorse intellettuali, morali e poetiche.
L'altezza della sua vocazione è  riscontrabile in tutte le sue opere.
Sebbene presentato in numerose mostre e documentato da recensioni critiche del più  alto livello, il suo lavoro, per complessità, vastità  e per la prodigalità  stessa dell'artista, ha subito smembramenti difficilmente recuperabili. Meriterebbe ora, attraverso una opportuna ricognizione, di essere studiato e divulgato con rigore  in tutte le sue fasi, non escluse le più  recenti. Le istituzioni che sovraintendono alla cultura della città  dovrebbe¬ro essere sensibili e farsi carico di tale necessità .
Anche le qualità  umane di Peschi hanno lasciato una traccia profonda su generazioni di artisti e nel cuore dei suoi tanti amici.
Varie sono le iniziative sorte spontaneamente per commemorarlo a un anno dalla scomparsa.
Il  Consiglio dei Curatori della Pinacoteca e dei musei civici con il patrocinio del Comune di Macerata ha voluto ricordare lo scultore realizzando una "plaquette" contenente uno scritto che rappresenta il suo testamento artistico e spirituale.
Il 15 novembre, giorno dell'anniversario, la piccola pubblicazione verrà  presentata alle 17,30 nella "Sala Gigli" del Teatro Lauro Rossi.
Nello stesso giorno, alle ore 16, nel cimitero comunale gli amici potranno raccogliersi intorno alla tomba dell'artista sistemata per loro stessa iniziativa. Su progetto dell'architetto Francesco Marcelletti  e con l'impegno diretto dello scultore Egidio Del Bianco un laboratorio artigiano di Civitanova ha realizzato una scultura in bronzo riproducente un bozzetto che Peschi stesso aveva ideato per la Chiesa della Santa Madre di Dio in Via Barilatti a Macerata. La scultura si alza su un basamento marmoreo costituito dalla tomba stessa.
Infine alle 18 e 30 nella Chiesa della MIsericordia  sarà  celebrata una messa in memoria e suffragio dell'artista.
Quanti hanno conosciuto ed apprezzato il grande scultore maceratese sono invitati a partecipare.

Lucio Del Gobbo

Dal Corriere Adriatico, 13 novembre 1993

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L'opera di Umberto Peschi è patrimonio di tutti e va salvaguardata
Il 15 novembre ricorreva il primo anniversario della scomparsa di Umberto Peschi. Varie iniziative ne hanno ricordato la figura e l'opera.
La realizzazione di una scultura per la sua tomba nel cimitero di Macerata, ricavata da un suo bozzetto su iniziativa di alcuni amici; una commemorazione ufficiale alla "Sala Gigli" e la diffusione di un piccolo ma elegante libretto con uno scritto dell'artista, da parte del Consiglio dei curatori della Pinacoteca, quindi del Comune; una Messa di suffragio nel Santuario della Misericordia, sempre per iniziativa di amici, e poi, in un periodo molto prossimo, anche una rassegna d'arte con la partecipazione di tanti artisti italiani, patrocinata dal Comune di Pollenza e dedicata allo scultore scomparso.
Tutte iniziative lodevoli, che dimostrano quanto vivo sia il ricordo di Umberto Peschi nella sua città , della sua umanità , del   suo magistero artistico.
Ma al di là  di queste testimonianze ispirate spontaneamente da ammirazione e da non sopito affetto, si avverte la necessità  di una decisa presa di coscienza da parte delle istituzioni locali, che il risultato artistico e culturale del lavoro di Peschi, della sua alta vocazione e della dedizione assoluta di tutta la sua vita, non debba perdersi e sia da considerare patrimonio vivo e fruttificante di questa nostra terra. Un patrimonio da conser¬vare con scrupolo e dedizione, da divulgare ben oltre i confini provinciali, perché  l'opera di Peschi lo ha meritato per originalità  e portata.
E' necessario che risulti chiaramente che il livello di sintonia della sua operosità  è  stato almeno di ambito nazionale. La sua partecipazione alla storia della ricerca artistica italiana, come dimostrano i suoi rapporti di amicizia, gli scambi epistolari con critici ed artisti di ogni regione, l'intensa attività  espositiva ed il sostegno critico suscitato, ma soprattutto le opere, ha avuto agganci diretti con la cultura più  avanzata e viva di un lungo periodo, centrale e caratterizzante, di questo secolo.
Coloro che saranno chiamati ad amministrare la cosa pubblica a Macerata dovranno farsi carico della amministrazione e della valorizzazione anche di questa parte di patrimonio cittadino.
In termini concreti dovranno fare in modo che l'opera di Peschi, sia sul piano documentario che oggettuale e fisico, possa essere ricostituita con la maggiore completezza possibile anche a costo di qualche sacrificio finanziario. Si dovrà  pensare ad iniziative che contribuiscano a pubblicizzarla e storicizzarla con adeguatezza.
"...se nella vita uno è  convinto delle proprie idee e trova, con semplicità , la forza di svilupparle, non c'è  pericolo di perdere nessun appuntamento. Il tempo difenderà  le sue ragioni e dirà  poi del valore delle sue creazioni.":  sono dichiarazioni che Peschi rilasciò  in occasione di una sua mostra nella Galleria dei Fratelli Torresi nel 1981, con la consueta semplicità  e convinzione, come in un testamento; quel testamento che, purtroppo, non ha avuto il tempo di formalizzare, anche se era nota a tutti la sua intenzione di lasciare le proprie opere e persino la sua casa al Comune perché  fossero patrimonio di tutti.
La consapevolezza di Umberto Peschi e la sua grande serenità , avranno bisogno della sensibilità  degli uomini e delle istituzioni per realizzarsi; era implicita in lui questa fiducia: che la storia non fosse tradita dalla noncuranza e dalla trascuratezza di chi è  tenuto a custodirla, di chi è  chiamato a beneficiarne.         

                                                Lucio Del Gobbo

Da Il Corriere Adriatico, novembre 1993

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Una Madonna lignea di Umberto Peschi
La statua, alta circa 160 cm., secondo l'attuale parroco della Parrocchia di San Michele Arcangelo di Ripe San Ginesio, Don Ottaviano Tordini, è  un'"Addolorata" (comproverebbe tale ipotesi il fatto che la cappella che la ospita reca una ricca decorazione pittorica, opera di Lamberto Massetani, con due scene che riguardano l'Annunciazione e una Crocifissione con Madonna e S. Giovanni: due temi che trovano logico sviluppo nella fase estrema del dolore materno, quello più  profondo e consapevole vissuto nel raccoglimento della solitudine; secondo Mariano Apa, che menziona l'opera nel catalogo "Cantiere Loreto", invece, si tratterebbe di una "Madonna Pentecostale" (anche questa interpretazione troverebbe conforto nel fatto che la nicchia che accoglie la statua presenta nel suo cavo delle fiammelle dipinte che richiamano una iconografia tradizionalmente riferita allo Spirito Santo). Rimane dunque l'incertezza.
L'opera fu commissionata ad Umberto  Peschi verso la metà  degli anni '60 dal parroco di allora Don Tarcisio Marinozzi, al fine di sostituire un'altra immagine di Madonna, che, secondo una usanza diffusa, aveva modellata soltanto la testa, ed il resto del corpo formato da un bastone di sostegno rivestito da un lungo abito ricamato. Fu data dalle Curia disposizione a non esporre al culto immagini di quel tipo, ed il parroco ricorse a Peschi per la realizzazione di una statua completamente scolpita in legno.
La nuova immagine non incontrò  subito il favore dei fedeli, forse per una consolidata devozione nei confronti della precedente, considerata ormai familiare.    L'opera di Peschi è  scolpita in forme essenziali, con uno stile sobrio che nulla concede alla espressività  un po' retorica che di solito caratterizza questo tipo di immagini mariane, e si capisce come tale semplicità  non la renda del tutto gradita ai parrocchiani ancora oggi.
L'opera è  realizzata con molto scrupolo, ed una discreta eleganza soprattutto nel panneggio delle vesti. Dimostra invece qualche impaccio sul modellato del volto: l'espressione è  piuttosto statica; in particolare gli occhi presentano l'iride inciso leggermente, quasi privo di pupilla; lo sguardo, rivolto all'insù , ha poca intensità  e vivezza. Questi particolari sono meno ravvisabili a distanza, tanto che, di lontano, gli occhi sembrerebbero chiusi.
La sobrietà  delle linee e l'essenzialità  dell'espressione corrispondono a un modo di interpretare di Peschi.
Ha influsso su ciò   una certa sua visione laica; quel suo modo di rapportare personaggi e vicende religiose a una realtà  attuale, popolare, che  specialmente configura aspetti del vivere sociale. Vengono in mente a tale proposito alcune sue composizioni di croci riferite alla tematica del "tarlo". Una di queste è  stata poi scelta per la sua tomba.
L'immagine mariana è  dunque rappresentativa di Peschi soprattutto nei particolari ricordati, ma non corrisponde certo alla sua ricerca più  caratteristica ed originale, vocata all'astrazione, al geometrismo e ad una modularità  di elementi (si consideri a tal proposito la produzione astratta di quegli anni). Questo sembrerebbe un lavoro a parte, fatto per accondiscendere a una richiesta.
Eppure Peschi, in occasione di una visita a Ripe San Ginesio - Comune che gli aveva offerto le chiavi simboliche della città  (una chiave in ferro costruita da Wladimiro Tulli) e la cittadinanza onoraria -  ci tenne a mostrarla a chi scrive, con un certo orgoglio, quasi meravigliandosi che non la conoscesse già.
Ricordando ciò, ed osservando l'opera, è  facile ritrovarvi alcune caratteristiche di umanità  di Peschi, la sua semplicità, la modestia, l'umiltà  e una propensione alla accondiscendenza bonaria.
Certamente non aveva saputo dire di no al parroco che gli aveva commissionato la statua; forse non aveva neppure pensato che la richiesta avrebbe comportato una soddisfazione artistica, o non si era posto addirittura il problema. Fatto è  che alla fine, per il lavoro e la dedizione che l'opera aveva richiesto, se ne dimostrava soddisfatto, e non osava trascurarla, avendone rispetto come per una persona: una delle sue creature. Mostrandola infatti sembrava soprattutto pago di un risultato:  di aver assolto a un impegno con serietà  e mestiere, come si richiede ad un onesto lavoratore, profondendovi tutta la sua capacità  di intagliatore e l'esperienza di tanti anni con il legno.
Peschi era se stesso in ogni circostanza; non lo sfiorava neanche la malizia di un atteggiamento ostentato, di circostanza.
Non che gli mancasse la sottigliezza per capire dell'arte certe suggestioni legate anche al comportamento di chi la produce, e quindi richiamarsi a pose un po' snob, così  consuete in  artisti   di una certa fama. Semplicemente non ne vedeva la necessità  per sé ; considerava l'arte cosa troppo seria ed essenziale, ed i mezzi per conseguirla degni della stessa attenzione; qualsiasi ostentazione avrebbe nociuto a tale dignità .
Ora la sua opera staziona in permanenza entro una nicchia, (apprezzata dal parroco sino al punto da esserle evitato il "disagio" ed il pericolo di una itineranza nelle processioni) ma quasi oscurata nella sua identità  artistica ed oggettuale da pur legittimi sentimenti di culto e devozionali; nella storia della chiesa che la ospita, come immagine è  forse ancora sentita estranea, poco più  che un ricordo di quella venerata in altri tempi.
Anche la storia di Peschi  non è  conosciuta come dovrebbe, e per questo anche un po' trascurata: un'impressione, questa, vera o presunta che sia, che attraverso la statua ci richiama in modo ancor più  intimo e commovente il ricordo di Umberto, più  che in altre opere e circostanze.
L'attuale mostra, attraverso la disponibilità  del parroco e la sensibilità  dei promotori, con la visione ravvicinata e la possibilità  di contatto, favorisce un recupero di attenzione insperato e straordinario nei confronti di un oggetto artistico così  atipico, che incarna un brevissimo capitolo, e però  tanto vero, della storia del suo autore.                               

Lucio Del Gobbo


dal Catalogo della III Biennale Nazionale di Arte Sacra, Fermo, luglio-agosto 1996
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