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L’Aeropittura o gli anni Trenta
“…Voltolina, Oriani, Benedetta, Fillia sono, dopo Prampolini, gli esponenti maggiori di questa tendenza a un'aeropittura dalle componenti fantastiche, o persino visionarie, che pone di nuovo il problema delle affinità segrete che collegano il futurismo alla corrente italiana del surrealismo. Questa apertura all'immaginario si afferma anche in fotografia, con Tato, e in scultura, con Peschi. Quest'ultimo, utilizzando il legno grezzo, gioca sul contrasto e sul valore simbolico della materia. Nei suoi «aeroritratti di aviatori», questi ultimi diventano altrettanti alberi mitici e vivi; degli esseri che assicurano la congiunzione tra il cielo e la terra nella totalità cosmica. Lo sviluppo di queste nuove ricerche è accompagnato da un dibattito teorico che si traduce in un proliferare di testi e manifesti. L'animatore del gruppo futurista torinese -il più attivo in questo momento -è sempre Fillia, che accentua in particolar modo la tensione spiritualista della poetica aeropittorica fino a lanciare un Manifesto dell'arte sacra futurista: pensava di poter così rivalizzare con alcune espressioni del cubismo (Gleizes).
È Prampolini a portare a maturità la linea di ricerca inaugurata dall'aeropittura. Abitava a Parigi dal 1925 e vi aveva Potuto seguire le prime esperienze del surrealismo organico. La sua opera apparve subito influenzata da ricerche che lo allontanavano dall'estetica meccanica, geometrica e purista. Il ritorno alla linea continua e all'utilizzazione del «collage polimaterico», inteso come «organismo plastico», doveva così facilitare l'analogia «tra realtà concreta e realtà astratta» che, fin dal 1932, Prampolini pone lucidamente alla base della sua aeropittura. Nelle sue opere l'investigazione diretta della materia e del suo divenire equivarrà ormai all'esplorazione del mistero cosmico: l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo si ricongiungono esattamente come il movimento dell'aereo e quello della mano del pittore: supponendo ambedue l'ignoto, 'partecipano di una sola e stessa vita organica della Natura. Arrivando di nuovo all'astrazione, la pittura di Prampolini si pretenderà a confatto diretto con l'energia che fermenta le metamorfosi della materia. L'artista negherà sempre qualsiasi rapporto con il surrealismo. Parlerà, a proposito della sua pittura di una «estetica bioplastica» che orchestra i valori lirici e sensibili dei materiali organici. Di fatto, considerata in una prospettiva che va dalle sculture «polimateriche» di Boccioni al “tattilismo” di Marinetti, questo stadio della sua ricerca personale costituisce una sorta di collegamento storico tra il futurismo e l’informale…”
Giovanni Lista
(Dal volume Il Futurismo, Jaca Book, Milano 1986)
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