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In occasione della commemorazione nel decennale della morte di Umberto Peschi, il suo amico
Wladimiro Tulli, già gravemente malato, non potendo intervenire di persona, non senza commozione,
scrive questa testimonianza chiedendo che fosse letta agli intervenuti:
Cari amici e amiche,
come ormai molti di voi sanno, fu l’intervento di Marinetti alle celebrazioni leopardiane del 1937 ad incuriosirmi del Futurismo, per cui subito i giorni seguenti cercai il Gruppo Boccioni, e conobbi Tano Monachesi e gli altri, tutti gli altri.
Peschi invece lo conobbi qualche settimana dopo durante un breve permesso quasi furtivo dal servizio militare. Pochi lo ricordano questo, che Peschi Umberto si fece quasi 13 anni di servizio militare e relative guerre, compresa l’Africa Orientale per prima. Voglio dire che il suo lavoro così lungo, tenace, assiduo, profondo è stato continuamente interrotto e soltanto apparentemente distratto. Ciò nonostante la sua opera è contrassegnata dalla continuità con profondità di penetrazione, stile, linguaggio.
Il nostro incontro fu subito un accendersi di amicizia che per me significò presto generosità, calore, consiglio e tante altre cose che si sarebbero sviluppate e protratte nel tempo, nonostante tutte le difficoltà di allora e i sacrifici.
La sua amicizia per me assunse di volta in volta il senso della collaborazione, dell’aiuto anche fisico, la difesa del mio lavoro, con incoraggiamenti e sostegno contro le incomprensioni anche degli amici, contro tutti e affrontandone sempre anche le conseguenze.
Il suo intervento nella mia opera, all’inizio, era spesso tangibile, fattivo, concreto. Le sue dita penetravano le mie crete e così ho imparato a modellare da uno scultore autentico che non esitava a sporcarsi le mani.
Ecco, ne ho conosciuti tanti di artisti, di tutto il mondo, i più grandi, ma un MAESTRO come Peschi, che mette le sue dita agili e scattanti nella mia creta, perché ti ha capito veramente e tu non gliela fai ancora, e questo per una vita intera, è un vero autentico Maestro.
Non si pesa, né si può pesare il dare e l’avere che si scambiano minuto per minuto in una amicizia, figuriamoci se questa è poi un’amicizia basata sull’Arte e le sue emozioni.
Nella mia amicizia con Umberto Peschi, certamente ho avuto molto, e con me anche tanti altri più giovani.
Peschi mi invitò subito nel suo studio, nel quale ebbi la possibilità di continuare a lavorare anche durante le sue lunghe assenze militari. La prima volta, dopo i preliminari dei saluti, mi fece scaldare la colla, la seconda volta invece c’erano tutti quelli del Gruppo Boccioni e gli altri amici, tutti intorno a Marinetti, e si mangiò castagne cotte, lì, sul camino, e si bevve vino rosso.
Non poteva tutto ciò avvenire che nello studio di Peschi, fra le tegole e i coppi dei tetti.
Ecco, forse avrei voluto e dovuto dire altre e tante cose, ma credo che le mie parole oltre che un saluto per tutti voi, siano e vogliano essere un omaggio al nostro caro grande amico.
Spero di vedervi presto.
Grazie.
Tulli
14 dicembre 2002
ANTOLOGIA |