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PUNTO Capire la condizione del finito nell'infinito è intuire nella realtà del pensiero la verità di essere: nella purezza dell'idea la ragione di operare.
Perche « Punto »? Un gruppo di lavoro?
Inteso in che senso? Le ragioni per le quali alcuni pittori costituiscono un « gruppo », sono molteplici: da quelle pratiche, di mercato, a quelle estetiche. Comunque, quasi mai fa difetto il momento polemico.
Qui, sono presenti: quattro italiani (Antonio Calderara, pittore, classe 1903; Umberto Peschi, scultore, classe 1912; Zoren, pittore, classe 1907; Pia Pizzo, pittrice, classe 1937); due cinesi (Hsiao-Chin, pittore, classe 1935, e Li Yuen-Chia, pittore, classe 1932) ; un giapponese (Kengiro Azuma, pittore e scultore, classe 1926 ). Di fronte all'opera, il dato biografico vien meno, o dovrebbe venir meno: per servire, al più, da pretesto, da occasione a un discorso critico che però si riconduca al carattere di autonomia, di totale esperienza umana, dell'arte. Se vi si fa ricorso, è appunto solo per riferirsi a un primo dato. Si tratta di spiegare perche si è formato un gruppo con questa sigla. E il primo dato è il carattere, da secoli « astratto », dell'arte che genericamente si definisce « orientale ». Rientra in esso l'approdo dei tre « orientali » all'occidente e alla sua tradizione figurativa.
Il secondo dato, è in quest'epitome che programmaticamente presiede all'attività dei sette artisti: « capire la condizione del finito nell'infinito, è intuire nella realtà del pensiero la verità dell'essere: nella purezza dell'idea la ragione di operare ».
Dal primo dato, discende un'esigenza di assoluto rigore, di distacco e rifiuto rispetto a mode, facilonerie, avanguardismi, ingombranti il panorama artistico attuale. In quanto la moda risponda a un'esigenza del momento, limitata nel tempo e nello spazio, in tanto non può non sottrarsi a un'aspirazione antiprovinciale, cosmopolitica: atemporale. La « funzione » dell'arte è sempre e ovunque la stessa.
Cosmo e caos sono antitetici (non l'autentico caos, imponderabile e incommensurabile, morte o nascita, abisso o nulla che sia) : caos come concetto determinato in funzione del concetto di cosmo. Il simbolo rappresentativo del limite, della soglia sulla quale gnoseologicamente i due termini coincidono. è il punto: nulla che è alcunche, o viceversa; una nozione, non riducibile a concetto, della non-contraddizione; il punto percepibile ai sensi, è, se si vuole, grigio perche non è ne nero ne bianco, ovvero perché è sia nero che bianco, non caldo ne freddo, adimensionale, punto tra le dimensioni. Stabilire un punto nel caos, significa instaurarvi un ordine; farlo, ha carattere cosmogonico: dà origine a un universo posto accanto al creato, da esso diverso, nuovo, irripetibile. Il punto può assurgere così a sintesi dell'essere. Il taoismo cinese, quando non devia in sterili elucubrazioni a sfondo magico-metafisico, è quest'archetipo della formazione che ha di mira: il tutto, e in esso l'uomo mortale. Tra due dinamismi, macroscopico e microscopico, il particolare caso statico, ( o, meglio, « rallentato » ) , il mondo delle forme.
La sigla del gruppo, trova così giustificazione in quello che costituisce il minimo comun denominatore dei suoi componenti, il ripensamento cioè delle rispettive zone di estrazione ( il distacco da una « natura » intesa come coacervo di forme fenomeniche ereditate, esiti formali di partenza nei quali sarebbe ormai vano scorgere l'essenza del processo creativo) e più genericamente, la revisione dei mezzi figurativi impiegati. Il loro contributo vuoI essere dunque costruttivo-funzionale e semantico-inventivo insieme. Una intenzione, questa, che si ritrova nelle dichiarazioni programmatiche dei singoli componenti. Ed essa si rispecchia nell'opera, che ne è la conseguenza, di progressiva eliminazione di quelle associazioni mentali che possono indurre a un'interpretazione oggettiva, ammesso che ogni immagine complessa si presta a essere rapportata a immagini « naturali » note.
Ma resterebbero, le istanze, semplici programmi, mere poetiche, se non trovassero espressione al di fuori della logica di tale razionalizzazione e definizione a posteriori, ben al di là di ogni compromesso simbolistico, tramite il riesame degli adeguati mezzi figurativi.
La forma figurata ha inizio dal punto che si pone in movimento. Constatazione, dalla quale prende le mosse questa complessa revisione: che, beninteso, ha i suoi punti nodali nel trovare, non tanto nell'atto, nella funzione in sé, del ricercare, pure necessario supporto ( tecnica, lavoro, riflessione) di quello.
Lo sforzo volto a ricondurre la nozione di opera alla propria origine, all'organo centrale dell'intero ambito degli elementi, contenuto, miti, stile, trascendendo i frammenti fenomenici. in un'ansia di assoluto estetico, non può non ripercorrere tutte le possibili dimensioni del quadro o scultura, spietatamente semplificando e omettendo, secondo la definizione che Liebermann dava del disegno. Ora, quali sono queste specifiche dimensioni?
Non sembri inutile o puerile ripeterlo: esse sono la linea, i toni, il colore: misurabilità ponderabilità, qualità; elementi che fluiscono l'uno nell'altro, in quanto il colore, se è in primo luogo qualità, è peso dal momento che ha un'intensità luminosa; ed è misura, perché ha dei limiti, un ambito, un'estensione. O, in termini di scultura, sono l'organizzazione della superficie, dei rilievi, dei vuoti possibili: il « fuori » e il « dentro » della tela e della struttura plastica.
E' un congegno preciso ed estremamente delicato, quello dei rapporti tra questi tre ambiti. le possibilità di intersecazione dei quali sono praticamente infinite ( sorprende, in tutti questi artisti, la loro « cultura » figurativa, la capacità di analisi sul filo di una precisa visione del mondo: sottigliezza e profondità che toglie di mezzo, grazie al sicuro possesso delle forme convenienti, il rischio che si tratti di opere azzeccate una tantum) .E' un modo di concepire, l'arte che esclude confusione e ambiguità, o le ammette, in superficie, soltanto a patto che ve ne sia un bisogno interiore espressivo. Il punto critico". l'hic Rhodus hic salta, di ogni arte, è qui, nella scelta delle combinazioni di tale categorie di elementi, nell'operazione che consiste nel toglierli dall'assetto consacrato, per erigerli in ordine nuovo; e si ricordi che l'artista può fallire, non pervenire a tradurre in opera i maggiori e più importanti contenuti, le sue « intenzioni », qualora gli manchi la capacità di orientarsi con sicurezza sul piano formale. Può, ad sempio, accadere che l'«atteggiamento » dell'immagine, risultante dal modo con cui si mettono in movimento i gruppi di elementi prescelti, appaia vanamente lirico, inutilmente impetuoso, pateticamente romantico.
Mi pare si possa dire che nessuno dei sette artisti qui presenti si macchi di questa colpa, nessuno di loro sia più alle prese con le forze di gravità, intento a combattere con le quotidiane apparenze, avendo ormai raggiunto -o essendo sul punto di farlo – una zona di serenità di compostezza, di sapienza, nella pacata contemplazione del carattere di precarietà e assoluta libertà della creatura: il suo constatato diritto, cioè, a essere mobile come la grande natura, il segreto che alimenta ogni processo vivente.
Solo a patto di questa preventiva riduzione dell'arte al punto zero, di questo ricominciamento di questa reinterpretazione dei mezzi figurativi, si può sperare in un allargamento della sua sfera e insieme, e perciò, di quella dell'esistenza: in quanto l'arte non sia arbitrariamente ancorata al limitato e Artificioso compito di riprodurre il già visto, ma sia resa interprete dell'occulto.
Forse non è del tutto legittimo parlare di astrazione: v'è sempre il pericolo che la si scambi per astrattezza, per artificio. L’elemento artistico c’è o non. c'è, non vien fuori da calcoli e costruzioni. Una figurazlone viva, una creazione rintracciablle come genesi al di sotto della superficie visibile all'opera, è in ultima analisi ciò che conta. Il giudizio sul valore di questi artisti non è quindi affidato all'interpretazione critica, che può tutt'al più ripercorrere a ritroso l'atto poetico, quanto al rapporto che, al di là delle difficoltà iniziali, non potrà non instaurarsi tra spettatore e artista.
Francesco Saba Sardi
Dalla Presentazione in catalogo per la collettiva Punto, Galleria 2000, Bologna, 12-24 dicembre 1964
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