Menu principale:
PER PESCHI
Ho incontrato Umberto Peschi tante volte alle mostre sue e degli altri e quindi in occasioni toccate da ragioni contingenti. Mi si potrà obiettare che l'esposizione in pubblico è un momento fondamentale dell'operosità artistica. Senz'altro! Il vedere, il toccare, il colloquiare sono certamente importanti. Eppure sentivo che per Peschi questo tipo di constatazione non bastava: egli stimolava in me simpatia e curiosità ma al di fuori di una soddisfazione immediata. Ecco, qui sta il mio punto: l'uomo silenzio¬so, poco propenso a grandi effusioni, di battute mordaci ma rare, l'uomo sempre attorniato da amici affettuosi; l'artista misterioso, identificato nei suoi legni, nelle sue verticalità , lo scultore complice della poesia e della tecnica, dentro e fuori le passioni estetiche. Questo insieme di sentimenti e di approssima¬zioni ha sempre nutrito il mio rapporto con Peschi. Ma qualche altra attesa è stata sempre nell'aria: il desiderio, che era comune in Valerio Volpini e che era stato tante volte provato da Wladimiro Tulli, di andare nel fantastico atelier del maestro e di vederlo al lavoro. Di sentirlo parlare con la sgorbia in mano, di seguirlo nel labirinto del suo pensiero produttivo, di possedere con la mente la sua poetica e l'agilità del suo fare artistico. Uno scultore indaffarato desideravo incontrare, perché lì nel suo lavorare quotidiano, avrei potuto capire meglio il suo segreto di uomo e di artista: segreto che forse resterà in quel suo interrogare l'animo umano attraverso la materia, la corporeità , il legno che reinventava, le modulazioni che costruiva, le forme raffinate che con dolcezza sistemava. Di quale uomo? Di un uomo libero. L'itinerario artistico di Peschi procede verso la luce, è stato scritto da un suo amico. Ecco, avrei voluto incon¬trare quella luce nel suo studio, la luce che invade un cantiere d'invenzioni, le carte, gli oggetti. Di un grande scultore, di un uomo libero.
Gastone Mosci
da: Quaderni di Piccole Città, n. 3, marzo 1993, pg. 12
ANTOLOGIA |